Gazzetta di Reggio

L’analisi

Delusione Pd: la percentuale balla intorno al 20%

di Giampaolo Grassi
Delusione Pd: la percentuale balla intorno al 20%

La percentuale non è tarata tanto sulle aspettative e sui sondaggi, quanto sul confronto col Pd di Matteo Renzi che, nel 2018, alla Camera prese il 18,7%.

25 settembre 2022
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ROMA Ci sono due cifre che nel Pd sono state individuate come spartiacque: 43% e 20%. Enrico Letta ha fissato nella prima la soglia di rischio democratico: se il centrodestra la superasse - ha avvertito nei giorni scorsi il segretario dem - con questa legge elettorale potrebbe ottenere il 70% dei seggi, con la possibilità di cambiare la Costituzione senza grandi difficoltà.

A quel 20%, invece, c'è chi lega i destini interni al Nazareno. I primi dati, fra exit poll e intention, hanno portato il gelo fra i dem: il centrodestra è dato fra il 41% e il 45%. Il Pd fra il 17 e il 21%.

Al Nazareno la notte elettorale è iniziata in sordina. Qualche parlamentare che si aggirava in sala stampa, il segretario Enrico Letta nel suo ufficio, per seguire lo spoglio insieme a diversi componenti della segreteria, come Enrico Borghi, e le capigruppo, Debora Serracchiani e Simona Malpezzi.

Ma l'aria era molto diversa da quelle delle ultime amministrative, quando il Pd ha portato a casa la vittoria.

Fino all'ultimo la speranza ha resistito. "Non azzardo previsioni - ha detto il responsabile Eni locali del Pd, Francesco Boccia, a Porta a Porta - abbiamo fatto una campagna elettorale molto aspra con ricette profondamente diverse, vediamo cosa succede. Ma penso che avremo tante sorprese".

Il primo succedersi dei dati non è stato confortante, per il Pd. Sia per le prospettive delle coalizioni.

Sia per quelle del partito. I primi numeri hanno assegnato al Pd una forbice 17%-21%. Che è come dire il giorno e la notte. Perché 17 sarebbe un mezzo disastro, 21 molto meno. La soglia del 20% non è tarata tanto sulle aspettative e sui sondaggi, quanto sul confronto col Pd di Matteo Renzi che, nel 2018, alla Camera prese il 18,7%.

In quella tornata, il Pd dovette fare i conti con i voti dirottati sugli scissionisti di Liberi e Uguali, che ottennero il 3,38%. Stavolta, invece, una parte di Leu (cioè Articolo Uno di Roberto Speranza) è rientrata alla base. Il 20% è quindi una soglia "storica" ma anche psicologica.

Un quota di galleggiamento, attorno a cui potranno ruotare le considerazioni sul segretario. C'è da dire che, voto o non voto, soglia o non soglia, nel Pd un momento della verità è in programma a breve: per statuto, a marzo ci sarà il congresso e, visti i tempi della macchina organizzativa, di fatto i lavori inizieranno a fine anno.

A meno che il voto non porti ad accelerazioni. Gli scenari e le ipotesi prenderanno - o perderanno - consistenza sulla base dei numeri ufficiali. Però, hanno fatto rumore le interviste in cui, a pochi giorni dal voto, capicorrente o big come i ministri Dario Franceschini e Andrea Orlando, il governatore dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini, ma anche Elly Schlein, hanno parlato del dopo voto, delle alleanze e, qualcuno, esplicitamente della necessità di un dialogo col M5s, quel partito contro cui Letta si è scagliato per tutta la campagna elettorale, in quanto "reo" della caduta del governo di Mario Draghi: "La rottura è irreversibile" ha ripetuto solo pochi giorni fa il segretario Pd.

Se, da una parte, in quelle uscite c'è chi ha letto una sorta di 'rodaggio' di ciò che potrà avvenire da ora in poi, dall'altra c'è anche chi fa notare come tutti "gli indiziati" fossero sul palco con Letta per la chiusura della campagna elettorale, in Piazza del Popolo, come a sigillare una sorta di patto di sindacato fra i maggiorenti e il segretario.

Sta comunque nelle cose che, al di là dell'esito del voto, il dibattito sulle alleanze si riaprirà. Specie quella con i 5s.

"Abbiamo fortemente voluto allargare il fronte alternativo alla destra - ha ricordato Boccia - Poi, con l'inizio della campagna elettorale si è rotto il confronto" col Movimento "che sui territori continuerà ad andare avanti. E' evidente che si aprirà un'altra stagione dopo che avremo capito quali sono i numeri. Al sud la Lega non c'è più, io penso che nelle Regioni del sud i risultati possono confermare che un certo tipo di alleanza è ancora maggioranza larga".