«Boom anomalo nel Pdl»

di Enrico Lorenzo Tidona
«Boom anomalo nel Pdl»

Cataliotti teste al processo: «Preoccupato per l’arrivo di persone in odore di mafiosità»

08 febbraio 2017
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REGGIO EMILIA. Un boom anomalo di tessere nel Pdl, l’arrivo di persone considerate «pericolose» nel partito, Pagliani e la cena dei “sospetti”, i viaggi a Cutro.

Un affresco a tutto tondo quello reso ieri durante una lunga testimonianza dall’avvocato reggiano Liborio Cataliotti, che definisce nel dettaglio i retroscena all’interno del partito di Berlusconi a Reggio Emilia, del quale fu esponente per una ventina d’anni circa nella nostra provincia.

Una testimonianza effettuata ieri durante il processo Aemilia contro il radicamento della ’ndrangheta al nord, per rendere la quale Cataliotti nei mesi scorsi ha rinunciato a tutti i mandati come difensore di alcuni imputati di Aemilia, tra i quali il giornalista Marco Gibertini. L’avvocato è stato chiamato dal pm Marco Mescolini della Dda di Bologna per rendere conto di una sua dichiarazione al Resto del Carlino dopo la cena del 21 marzo 2012, alla quale partecipò Giuseppe Pagliani, compagno di partito ma in qualche modo avversario politico di Cataliotti nel 2011. «Sarà un caso ma io non c’ero» fu la frase rilasciata al giornale dall’avvocato penalista – per 20 anni uomo di riferimento della destra reggiana tra Forza Italia e Pdl – che attirò l’attenzione dell’antimafia. «Mi ricordo nitidamente di quella intervista» ha detto ieri Cataliotti, passato dal banco degli avvocati a quello dei testimoni, contro interrogato poi dai colleghi delle difese: «Di quella cena non sapevo nulla – ha sottolineato stando seduto per quasi due ore davanti ai giudici Francesco Caruso, Cristina Beretti e Andrea Rat – Non ero stato invitato né informato nonostante fossi del partito. Ed ero componente del direttivo provinciale e capogruppo in consiglio comunale a Reggio per il Pdl».

Una anomalia evidenziata da Cataliotti, che fa intendere una frattura profonda nel partito. Saputi i nomi della cena alla quale aveva partecipato nel 2012 Giuseppe Pagliani – imputato in Aemilia poi assolto in abbreviato per concorso esterno proprio in relazione alla cena – ribadì la sua estraneità e perplessità, quest’ultima emersa già l’anno prima. Nel 2011, racconta infatti l’avvocato, «con una scelta politica nazionale che non condividevo, il partito aveva indetto dei congressi per rinnovare gli organigrammi provinciali consentendo che l’elettorato attivo e passivo fosse formato da nuovi iscritti. A Reggio da poche centinaia passammo a 2.600, un’esplosione delle tessere. Noi rappresentanti del partito storico ci eravamo trovati accanto questi nuovi iscritti, quasi tutti meridionali. Temevo che ci fosse l’avvicinamento di persone disinteressate alla politica e pericolose, perché vidi i cognomi fra i 2.600 iscritti e che dal mio punto di vista ingeneravano dubbi o che avevano altre mire. Cognomi noti alle cronache giudiziarie. Tanto che scrissi al coordinatore nazionale del partito se poteva controllare i cognomi che mi insospettivano, per verificare che non ci fosse corrispondenza con dei pregiudicati. Vidi nomi tipo Bonaccio, che mi facevano venire in mente vicende degli anni Novanta della malavita organizzata».

Il dubbio si ingrandì per Cataliotti dopo la cena dei sospetti, considerata la «punta dell’iceberg» secondo l’avvocato, che prese le distanze e anzi, assicura, sbatté la porta durante una riunione del coordinamento del Pdl perché la maggioranza voleva minimizzare la partecipazione di esponenti di partito alla fatidica cena.

«Le interdittive antimafia che giunsero dopo la cena sottendono notizie che non conoscevamo e si rischiava di avere posizioni sbagliate senza prendere misure adeguate in merito» rivela Cataliotti. Alla famosa cena al ristorante Antichi Sapori di Pasquale Brescia (imputato nel processo) c’erano infatti persone come Nicolino Sarcone e Alfonso Diletto (anche loro imputati e già condannati in Aemilia rispettivamente a 15 e 14 anni in abbreviato).

Un evento nel quale si parlò anche delle interdittive emesse dall’ex prefetto antimafia Antonella De Miro. «Chiesi anche a due miei amici, Tommaso Villirillo e Antonio Rizzo chi fossero quelle persone. Li incontrai per caso in una pizzeria e loro stessi, una volta informati, mi riferirono che erano pericolosi».

L’avvocato, però, non fece null’altro in merito, perché quelle erano «persone in odore di mafiosità», terminando in sordina il suo mandato come consigliere comunale a Reggio per poi lasciare la politica attiva. Una stilettata indiretta a Pagliani, tornato alla ribalta nelle polemiche politiche seguite al processo, innescate dal Pd ma che trovano in qualche modo un rincalzo trasversale con le dichiarazioni di Cataliotti, che nel 2011 perse il congresso provinciale del Pdl, vinto dal fronte opposto in cui brillava Pagliani, nuovo golden boy della destra.

Alla cena dei sospetti c’era anche Rocco Gualtieri, altro consigliere del Pdl: «Era il nipote di Pasquale Brescia – dice Cataliotti – ma non sapevo nulla di quella partecipazione».

«Nel ristorante di Brescia ho partecipato a un paio di eventi di partito – ammette l’avvocato – Non ci ho mai mangiato. Lì era venuta anche l’onorevole Brambilla, all’epoca vice ministro al Turismo».

Eventi organizzati dal partito, «credo dal consigliere regionale Fabio Filippi, perché in quel caso era quello che aveva rapporti diretti con Brambilla». Sempre Filippi, rivela l’avvocato, gli disse che Alfonso Paolini – altro imputato ritenuto l’uomo di raccordo tra il clan ed alcuni uomini delle forze dell’ordine – avrebbe avuto anche un ruolo come organizzatore e autista nella campagna elettorale di Giuseppe Pagliani alle regionali del 2010.

«Quando lei era consigliere di circoscrizione aveva partecipato al incontri del Pdl in quel ristorante?» lo incalzano gli avvocati della difesa.

«Si, solo un paio di volte. Ma all’Antichi Sapori ci andai anche in occasione della laurea del consigliere comunale del Pdl Rocco Gualtieri con amici e parenti».

«Quando è andato lì ha avuto modo di incontrare Brescia?» gli chiede l’avvocato Gregorio Viscomini. «Si, era il titolare del ristorante. Credo che abbia svolto anche attività imprenditoriale in edilizia». Sa se fosse vicino per caso al vostro partito, al Pdl? «Che lo abbia manifestato a me no. Però credo fosse entusiasta della candidatura e dell’elezione di suo nipote Rocco Gualtieri, perché era giovane, aveva 24 anni, non era ancora laureato».