Gazzetta di Reggio

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Il Papa infelicemente regnante

Stefano Scansani
Il Papa infelicemente regnante

L'editoriale del direttore della Gazzetta di Reggio

06 ottobre 2020
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REGGIO EMILIA. Libro consigliato: “La vita quotidiana nella Roma pontificia ai tempi dei Borgia e dei Medici” di Jacques Heers. Lo storico percorre le politiche e i costumi della corte papale nel pieno Rinascimento e ogni loro riflesso sulla vita sociale della città che, come si sa, è Urbi et Orbi. Heers spiega anche il fenomeno più energetico del potere vaticano, cioè della monarchia elettiva unica nel suo genere.

Lo storico francese, scomparso nel 2013, afferma che il dominio così “lungo” della Chiesa cattolica si basa su una contraddizione “breve”: a ogni elezione di Papa si genera una nuova corte; a ogni morte di Papa si esaurisce la sua corte. Cosicché le connotazioni della Curia durano un pontificato. Dovrebbero durare.
Sta qui il problema di Jorge Mario Bergoglio, il Papa “venuto dalla fine del mondo”, problema che c’era anche negli anni di Benedetto XVI, ma in altra forma e con altri esiti.

La Curia non corrisponde più al Papa regnante. La Curia resiste al Papa regnante. Dunque, chi regna?
Il problema, uno dei problemi di Francesco, è che si è interrotta la regola della provvisorietà della corte. Carattere che riformava le gerarchie, le burocrazie e gli offici (l’incedere lessicale vaticano li chiama ancora così). E l’allegoria di un Papa solo che vive sobriamente in Santa Marta dentro la Città Leonina zeppa di veleni, tradimenti, complotti, porpore inamovibili non è figurata, ma reale.

E non importa se Bergoglio è impulsivo o irascibile, un argentino che prima manco immaginava come funzionasse la Curia. Non importa se è un gesuita che decide da solo e, se alla fine, ama la solitudine. Quel che appare, reso ancor più vivido dal caso del cardinale non più cardinale Angelo Becciu, è uno scenario di incompiutezza e caos.

Cioè, tutte le aspettative che larga parte dell’universo cattolico ha iniziato a nutrire la sera dell’“Habemus Papam Franciscum”, 13 marzo 2013, stanno ripiegando nella penombra del conflitto permanente in cui Bergoglio è impegnato.

Non ce la farà. I fronti sono molteplici. Quello interno, appunto rappresentato da una Curia che è attrezzata per inceppare la marcia di Bergoglio, o che frequentemente esibisce situazioni giudiziarie. Incredibile dictu: nello Stato della Città del Vaticano sono tornati il tribunale, i magistrati e le celle per la detenzione. Il fronte esterno (in verità interiorissimo) è invece espresso da quelle gerarchie che più o meno dichiaratamente sono contrarie alla gestione di Francesco, e la combattono anche. Ad esse va sommata una porzione di fedeli e quindi di opinione pubblica che è avversa a Bergoglio o è condizionata da certe strategie politiche che dipingono il Papa come comunista, attrattore di profughi, “non parla mai di Dio”, “distruttore della Chiesa…”.

Non ce la farà. Perché vi è un terzo fronte intra-moenia, dentro le Mura vaticane: il predecessore Joseph Ratzinger che, nonostante sia ritirato con i suoi 93 anni e la sua fragilità fisica nel monastero Mater Ecclesiæ, c’è. In un certo qual senso rappresenta “quell’altro modo di essere e fare il Sommo Pontefice” puntualmente raffrontato con la pastorale di Francesco che invece chiede a preti e cardinali di sporcarsi le mani e puzzare di pecora.

Sempre all’esterno Bergoglio è riuscito a realizzare il suo riformismo, parzialmente: insediando nelle sedi vescovili che via via si liberano uomini suoi o provenienti dalla Chiesa sociale o Chiesa di strada; non confermando il sistema antichissimo delle sedi cardinalizie italiane così da ridurre il peso del “partito italiano” nel prossimo conclave. Riforma incompiuta, perché la compagine dei conservatori o dei restauratori si allarga.

A chi è diretto l’appello – l’ennesimo – fatto da Bergoglio durante l’Angelus di domenica scorsa? “In ogni epoca, coloro che hanno un'autorità, qualsiasi autorità, anche nella Chiesa, nel popolo di Dio, possono essere tentati di fare i propri interessi, invece di quelli di Dio stesso”.

A scoperchiare, infine, il pathos (patimento/patologia) della Chiesa sono l’informazione e la confusione. Perché oggi come non mai vige la salutare sincerità sui fatti, ma questa è piegata alle imprevedibilità, come ad esempio la fuoriuscita di documenti riservati, o alla reazione all’autorità pontificia com’è stata la conferenza stampa-sfida indetta da Becciu. Questo Papa ha spalancato il confessionale dentro il quale per secoli è rimasta sigillata la centrifuga dei mali interni.

Chiudo con la confusione. Licenziato Becciu per maneggi finanziari, è contemporaneamente riapparso in Vaticano il cardinale Pell, già prefetto della Segreteria per l’Economia, incaricato di indagare sui conti della Santa Sede. Era assente dalla Curia da tre anni (uno in galera) per sottoporsi in Australia al processo per reati di pedofilia dai quali è stato scagionato. Becciu – certamente non un conservatore – sarebbe stato il maggiore antagonista di Pell e viceversa fino al 2017.

L’australiano non è tornato Oltretevere per fare il pensionato. Pell è un uomo del crepuscolo di Raztinger che torna in quella Curia che, appunto, sopravvive ai pontificati. Perché il vecchio proverbio è così modificato: via un cardinale, ne arriva un altro (quello che c’era prima).