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La polemica

Il no del vescovo ai cattolici in politica, ora spunta anche un ricorso

Evaristo Sparvieri
Il no del vescovo ai cattolici in politica, ora spunta anche un ricorso

Lettera di dissenso. C’è chi non ritiene validi quei precetti

17 febbraio 2024
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Reggio Emilia Dubbi di validità, contenuti in un ricorso. Non c’è solo la lettera del vescovo, che rappresenta in tutto e per tutto un atto amministrativo. C’è anche un’altra lettera che circola nelle parrocchie. È quella diffusa da un parroco della nostra provincia che pone dubbi sulla legittimità sia giuridica sia magisteriale della comunicazione del vescovo in tema di elezioni.

Il parroco in questione, che ha spedito la lettera sia agli altri preti sia allo stesso vescovo, cita canoni del Codice e annuncia ai destinatari che prima di mettere in pratica le indicazioni di monsignor Morandi attenderà ulteriori chiarimenti. Una posizione che sarebbe condivisa anche da altri sacerdoti. E nei prossimi giorni in Curia sarebbe previsto un incontro chiarificatore fra lo stesso vescovo Morandi e tutti i parroci reggiani.

Nella lettera del parroco, viene messa in dubbio la validità dell’intervento di Morandi nel regolamentare la materia elettorale. Un tema sul quale il parroco firmatario aveva chiesto al vescovo un’istruzione dell’aprile 2019, ai tempi di Camisasca, che tuttavia non gli sarebbe stata fornita perché considerata circolare interna sulla disciplina generale della Chiesa. Nel caso sia effettivamente una circolare, per il sacerdote verrebbe minato il fondamento su cui si basa il documento dell’1 febbraio, che ha dato il via a perplessità e polemiche.

Nella lettera del parroco si chiede conto anche dell’interpretazione dei due canoni (1035 e 230.1) su cui si fondano le indicazioni di monsignor Morandi: uno riguarda il sacramento dell’ordine; l’altro obblighi e diritti dei fedeli laici. Ed è sulla base di questo secondo canone che per il parroco ci sono approfondimenti da svolgere: «I laici che abbiano l’età e le doti determinate con decreto dalla Conferenza Episcopale, possono essere assunti stabilmente, mediante il rito liturgico stabilito, ai ministeri di lettori e di accoliti; tuttavia tale conferimento non attribuisce loro il diritto al sostentamento o alla rimunerazione da parte della Chiesa».

Il sacerdote ricorda che per determinati ruoli si rimanda a decreti della Conferenza episcopale. E il concetto di “dote” non è necessariamente assimilabile alla militanza in partiti, visto che mancano dalla Cei indicazioni al riguardo.

Fra i canoni citati, anche il 227, che tratta di diritti e libertà dei fedeli. Secondo il parroco, gli atti emanati dalla Curia potrebbero minare la libertà del fedele di partecipare alla vita sociale. Di qui la decisione di non ritenere validi gli atti vescovili sul tema, almeno fino a prova contraria.

A supporto dell’argomentazione, fra altri passi, il parroco cita anche l’assenza di limitazioni sull’argomento nel consiglio di unità pastorale, mostrando preoccupazione sia per le ripercussioni che i pronunciamenti di Morandi possono avere nella comunità parrocchiale, sia per lo scarso coinvolgimento dei parroci nel prendere tali decisioni, sia lanciando un appello per un confronto nel rapporto fra istituzione Chiesa e comunità di fedeli.

Considerazioni contenute in un ricorso che, secondo il codice del diritto canonico, deve essere presentato entro dieci giorni dalla legittima intimazione del decreto. l

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