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Il tesoro nascosto del Milan: la collezione che ogni tifoso sogna è a Bagnolo in Piano

Amedeo Faino
Il tesoro nascosto del Milan: la collezione che ogni tifoso sogna è a Bagnolo in Piano

A casa di Stefano Galletti i cimeli rossoneri raccolti da una vita: biglietti, gagliardetti, medaglie, palloni «Non potrei mai venderli: significherebbe separarmi da una parte del racconto di una passione che vivo quotidianamente»

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Bagnolo in piano In una casa che profuma di storia e rossonero, Stefano Galletti custodisce a Bagnolo in Piano una collezione di cimeli del Milan sorprendente. Una raccolta che non è solo un archivio, ma un modo di vivere il calcio come si vive un romanzo: pagina dopo pagina, oggetto dopo oggetto, stagione dopo stagione. La sua passione comincia nel 1998 e si sviluppa nel corso degli anni diventando ricerca, studio e narrazione. «È giusto chiamarli cimeli – racconta – perché non custodisco solo maglie: ci sono biglietti, gagliardetti, medaglie, palloni. Ogni pezzo porta con sé una storia, un dettaglio di un sogno, un frammento di una tradizione che dal 1899 continua ad emozionare i tifosi rossoneri».

Una maglia... nobile
La collezione oggi conta alcune centinaia di maglie, dagli anni Sessanta fino ad oggi. Una delle maglie più significative è del 1965: la maglia bianca con la croce rossa di San Giorgio, indossata da Angelillo nella partita del 13 ottobre 1965 giocata tra la rappresentativa di Milan-Inter contro il Chelsea, sotto lo sguardo del Principe di Edimburgo. Un episodio quasi mitologico, quando rossoneri e nerazzurri scesero in campo insieme, in un evento rarissimo nella storia del calcio italiano, considerato che tale rappresentativa scese in campo per 22 volte in oltre 125 anni di storia del calcio. Ma il cuore di Stefano batte soprattutto per una partita: la finale di Champions League del 2003. «Per me è stata la partita delle partite», confessa. Milan-Juve, due italiane nella finale più importante del calcio Europeo, un evento unico. «Superare l’Inter in semifinale, poi giocarsi la coppa contro la Juventus… non so quando potrà ricapitare. Non solo per la vittoria, ma per il valore del calcio italiano in quel frangente».

Di quella notte di Manchester Stefano conserva tutto: il pallone, il gagliardetto, il biglietto, le giacche degli addetti alla realizzazione delle foto e delle riprese video della partita, i pass, i menù, il cappello, i sacchetti, la tazza di tè, il programma della partita ed altri incredibili gadgets, tra cui l’orologio del Milan celebrativo della vittoria della Champions League ed una penna Montblanc con il logo della Champions che era stata data ad un dirigente della Juventus. Ma le ricerche legate alla finale del 2003 non si fermano ed ancora oggi vengono scovati dei cimeli in Inghilterra che, dopo essere stati acquistati, viaggiano verso la sua collezione. «Probabilmente tra gli amici collezionisti sono quello che ha più cimeli legati a questa finale: una collezione nella collezione». Non mancano i pezzi legati alla rivincita di Atene del 2007, come le maglie preparate per Ambrosini e Kaká. Quella di Ambrosini è un unicum: l’unica a maniche lunghe fra tutte le divise della finale.

Ricerca continua
Nella sua ricerca Stefano ha percorso mezza Italia, sviluppato contatti con collezionisti di molti Paesi nel mondo, partecipato ad aste internazionali ed ha incontrato ex giocatori del Milan, giornalisti sportivi, ex dirigenti rossoneri, etc. Sono nate così tante amicizie attorno ad un oggetto, ad un ricordo, ad un episodio condiviso, alle immagini ed alle testimonianze di una partita: «Ogni cimelio è un pezzo di storia – racconta –. Dentro una maglia c’è fatica, sudore, rispetto per quei colori e per la tradizione. Non potrei mai venderli: significherebbe separarmi da una parte del racconto di una passione che vivo quotidianamente». A volte sono i Milan Club a chiamarlo per esporre qualche pezzo, come quello di Zurigo, dove ha portato sette maglie iconiche ed il pallone e gagliardetto della finale 2003. Altre volte arrivano messaggi da tutto il mondo, persone che sperano di acquistare un frammento della sua collezione. «Io non vendo – ribadisce – per me non si tratta di un business: ma di memoria, storia, tradizione e passione rossonera». E mentre qualcuno continua a vivere il calcio come un flusso di clip da scorrere, Stefano continua a sfogliarlo con lentezza. Come un album di famiglia, come una biblioteca di emozioni. Perché il calcio, quello vero, ha bisogno di tempo: di un racconto che resiste alla velocità del presente. E dei custodi silenziosi che ne proteggono la storia.l © RIPRODUZIONE RISERVATA