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I canili sono pieni di razza pitbull ma ritrovare un’adozione è difficile

I canili sono pieni di razza pitbull ma ritrovare un’adozione è difficile

L'esperta: «Competitivo e molto fisico, può mettere a dura prova»

02 novembre 2022
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Reggio Emilia Girando su Google ho trovato un video di due colleghi che amo molto, Elena Garone, bravissima veterinaria comportamentalista, e Luca Spennacchio, istruttore cinofilo di grande esperienza e buon senso, su un tema molto attuale, cioè l’altissimo numero di cani “pitbull” presenti in tutti i canili italiani.

Il pitbull, molossoide dotato di una possente mescolatura, una bocca che fa spavento solo a guardarla, una testardaggine e un predatorio derivati dai terrier con cui è stato anticamente incrociato, è l’ennesima espressione del maltrattamento che l’uomo ha inflitto ai cani. Selezionati per i combattimenti con i tori o gli altri cani e purtroppo usato tuttora in competizioni clandestine da individui che non posso chiamare uomini, è un cane che sviluppa un attaccamento quasi morboso nei confronti dell’umano che ama, con momenti di coccola zuccherosa e sguardi languidi. E proprio queste caratteristiche sono la sua rovina: l’aspetto da macho solletica la vanità e la velleità di domatore di belve di molte persone forse non così sicure di sè e nello stesso tempo la sua fama di cattivo non amato ma con un cuore d’oro solletica l’istinto pietistico di quelli convinti che tutti i cani siano buoni e sia sufficiente amarli tanto. Sono d’accordo che gli animali non siano “cattivi” a prescindere, ma dobbiamo comunque tenere conto, oltre che del carattere del singolo individuo, anche delle sue caratteristiche genetiche e della sua grande forza muscolare. È un cane competitivo e molto fisico che può mettere a dura prova le nostre articolazioni, che vive male l’ambiente urbano affollato, rumoroso e pieno di persone e di cani e ha dentro di sé il ricordo “genetico” dei combattimenti. E così il batuffolino tenero diventa un problema e finisce al canile, con probabilità di adozione vicine allo zero, soffrendo in modo indicibile per l’abbandono di chi in teoria lo amava.