Gazzetta di Reggio

Reggio

Reggio Emilia

Il sindaco Vecchi: «Facciamo crescere l’università. Tutti ci credano»

Alice Benatti
Il sindaco Vecchi: «Facciamo crescere l’università. Tutti ci credano»

Domani Mattarella apre l’anno accademico. Il sindaco traccia il bilancio dei primi 25 anni dell’ateneo reggiano

29 novembre 2022
7 MINUTI DI LETTURA





Reggio Emilia Alla vigilia dell’arrivo in città del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il sindaco Luca Vecchi festeggia i primi 25 anni dell’università a Reggio Emilia con un bilancio di successi. Tra speranze realizzate, traguardi raggiunti e investimenti sul futuro dell’ateneo, nella riflessione del primo cittadino trova spazio anche la consapevolezza di dover compiere ancora numerosi passi avanti affinché Reggio acquisisca i caratteri di città universitaria.

Sindaco giovedì tornerà in città il Presidente Sergio Mattarella per l’inaugurazione dell’anno accademico e la celebrazione dei 25 anni della sede reggiana dell’ateneo. Che effetto fa il Presidente della Repubblica per la seconda volta in città in pochi anni?

«Quando nella tua città arriva il Presidente della Repubblica è sempre una giornata storica. Ringrazio il capo dello Stato per aver accettato l’invito del Rettore Carlo Porro. Ma voglio ringraziare in egual modo anche il Rettore per aver pensato di aprire l’anno accademico e di celebrare i 25 anni di Unimore con la presenza del Presidente. Al Presidente Mattarella diciamo grazie anzitutto per l’opera preziosa, quotidiana, con cui in ogni contesto ha saputo essere in questi anni per noi tutti indiscutibile punto di riferimento, garante e difensore della nostra bella Costituzione repubblicana e antifascista oltre che supremo punto di riferimento del valore irrinunciabile dell’unità del Paese anche e soprattutto nei momenti più difficili della pandemia».

Venticinque anni fa Reggio Emilia arrivò all’apertura di una propria sede universitaria. Come valuta oggi in retrospettiva quel passaggio storico della città?

«Reggio non nasce come città universitaria, non era dotata di una sede universitaria propria. Va dato atto ai protagonisti di allora di aver portato a compimento un risultato di portata epocale e la storia si è progressivamente incaricata di riconoscerne il suo grande valore. Il Rettore Cipolli e l’università di Modena capirono l’importanza strategica di questo passaggio, il suo valore lungimirante. D’altra parte per il nostro territorio va riconosciuto il ruolo decisivo di Antonella Spaggiari, sindaco di Reggio, e Roberto Ruini, Presidente della Provincia, delle rispettive amministrazioni, delle rappresentanze parlamentari delle due città, del sottosegretario Guerzoni. Furono veramente in tanti a condurre in porto uno straordinario lavoro di squadra che a Reggio Emilia coinvolse anche Reggio Città degli Studi, la Fondazione Manodori, di fatto tutte le principali istituzioni. Ma soprattutto a distanza di tanti anni ci sono due aspetti che meritano sottolineatura. La scelta della collaborazione tra territori, anteposta alla tentazione molto provinciale e poco lungimirante di restare ognuno autonomo a casa propria immaginando magari di realizzare una nostra sede reggiana. E dall’altro il ruolo delle istituzioni. Le amministrazioni da un lato, l’università di Modena dall’altro, fu un passaggio in cui la forza e l’autorevolezza istituzionale fece spazio alla realizzazione del bene comune».

Come si è integrata l’università con la città di Reggio Emilia?

«L’accordo iniziale definì l’assetto di “reti di sedi”. È indubbio che la crescita e l’affermazione dell’Università a Reggio Emilia è stata una lunga e talvolta complessa progressione. Agli inizi Reggio era un’università principalmente di studenti in sede. Nel tempo è diventata altro sotto tutti gli aspetti: nell’offerta didattica, nella ricerca, nel sistema dei servizi agli studenti».

A distanza di 25 anni possiamo sostenere che Reggio sia progressivamente diventata una città universitaria?

«Quando iniziai la mia esperienza di sindaco Reggio aveva poco più di 6.000 studenti. Ricordo i tanti problemi legati al funzionamento del Campus San Lazzaro. Oggi siamo a quasi 11.000 studenti, 3/4 fuori sede. Abbiamo 29 corsi, 7 dipartimenti, tre poli e presto arriverà il quarto nell’area delle ex reggiane, 332 posti in studentato, la sede Reggiana è complessivamente cresciuta e la propensione ad assumere i caratteri di città universitaria deve essere una ambizione progressiva a cui continuare a tendere. Tanto è stato fatto ma strategicamente la crescita dell’Università a Reggio Emilia deve essere assunto come priorità delle istituzioni, del mondo economico, della comunità. Perché un’università che cresce attrae talenti, sapere, diffonde cultura e ricerca. Una città contemporanea orientata all’innovazione come Reggio Emilia non può prescindere dalla forza del sistema universitario».

Nei suoi otto anni di mandato quali sono stati i passaggi più significativi con l’Università?

«Beh intanto la grande collaborazione con i rettori e i pro rettori con i quali il dialogo costante ha reso possibile concretizzare progetti. Ricordo che nel 2014 eravamo alle prese con il completamento e il riordino del Campus San Lazzaro. In questo momento è in corso il cantiere del recupero di Villa Marchi, 13 milioni di euro che vedrà nascere un nuovo studentato con 70 posti, un auditorium e servizi agli studenti».

Poi negli anni successivi si sono progressivamente evidenziate esigenze di ampliamento e di nuovi spazi.

«È li che dopo anni di confronto è nata l’idea, insieme al Vescovo Massimo Camisasca, di dedicare gli spazi del seminario all’università. Devo ringraziare l’università per aver colto in quel passaggio la consapevolezza di una opportunità per tutti. Quel passaggio recente della storia della città non va derubricato perché la diocesi, il Comune e l’università – insieme ad altre istituzioni e al mondo economico – hanno compiuto una delle più importanti operazioni di rigenerazione urbana degli anni recenti portando l’università nel palazzo del seminario. Quel progetto avrà un grande impatto anche sul futuro del centro storico. È stato impostato e chiuso nell’epoca del Covid ed è la metafora di una città che quando insegue un sogno lo raggiunge e non si ferma davanti a nulla.

Sappiamo che esiste una esigenza non risolta per sistemare definitivamente scienze infermieristiche, credo che insieme alla Diocesi, all’Università e ad ogni altro attore dovremmo capire se ci sono le condizioni per portare a compimento il secondo blocco del seminario».

Non si è fatto in tempo ad inaugurare il seminario che già si parlava del Polo digitale alle ex reggiane...

«Da anni discutevamo con l’Università e con il Rettore insieme al mondo economico di come far nascere un polo della formazione digitale universitaria a Reggio Emilia. Ci siamo presi la responsabilità di fare un ragionamento ed una proposta molto chiara. Noi ci mettiamo la struttura, voi ci mettete i contenuti formativi, i corsi di laurea. Abbiamo contratto un mutuo di quasi 10 milioni di euro e l’università si è impegnata a far nascere quattro corsi di laurea. I lavori al capannone 15 termineranno a fine 2023. A quel punto il Parco Innovazione verrà ulteriormente arricchito dalla presenza di un importante polo universitario di migliaia di studenti al giorno».

Quando nacque Unimore il Comune e le istituzioni misero a disposizione la Caserna Zucchi e il San Lazzaro. Voi avete deciso di destinare le ex Reggiane... si può dire che lo spirito è lo stesso?

Assolutamente. È una operazione coerente con il modo in cui si lavorò allora. La disponibilità di spazi e servizi da parte della comunità in cambio di un investimento significativo sulla crescita dell’offerta formativa. Portare l’università alle ex Reggiane è una delle operazioni più belle del mio secondo mandato perché è nata, pensata e impostata, durante i giorni terribili del Covid in cui la passione per questa città non ci ha impedito di continuare a pensare al suo futuro. Aggiungo che il Parco Innovazione è diventato luogo di memoria e di innovazione, di lavoro e di ricerca, un luogo in cui la pedagogia dell’infanzia convive con la formazione universitaria. In fondo potremmo dire che Reggio Emilia è nata alle Reggiane, lì sta nascendo la città del futuro, una città fortemente orientata all’educazione e alla formazione».

L’università avrà un futuro di ulteriore crescita a Reggio Emilia?

«Dobbiamo lavorare tutti in quella direzione. Perché sia il tessuto economico che quello sociale possono beneficiare della crescita dell’ateneo. Presto firmeremo con Unimore il nuovo Accordo di Programma sarà l’occasione per definire obiettivi e progetti sul medio termine. Io credo che all’ateneo vada chiesto di credere in Reggio Emilia, ma il territorio, istituzioni e mondo economico deve essere all’altezza, comprendere che investire risorse in questa direzione è uno dei migliori servizi che possiamo fare al bene comune della nostra città. Il nostro sforzo continuerà soprattutto per migliorare il sistema dei servizi a disposizione degli studenti così da rendere la loro vita a Reggio la migliore possibile».