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Il caso

Elena morta a 20 anni mentre consegnava le pizze, i titolari andranno a processo

Ambra Prati
Elena morta a 20 anni mentre consegnava le pizze, i titolari andranno a processo

Il giudice Andrea Rat ha deciso l’imputazione coattta. La giovane finì fuori strada in auto a San Bartolomeo

19 aprile 2024
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Reggio Emilia I datori di lavoro di Elena Russo, studentessa morta sulla strada durante il lavoretto che svolgeva per sostenersi agli studi, andranno a processo per omicidio colposo. Lo ha deciso, capovolgendo un fascicolo che pareva essere finito in un vicolo cieco, il giudice Andrea Rat, con una formula rara: l’imputazione coatta. In pratica il giudice ha ordinato al pm Stefano Finocchiaro di andare avanti nell’azione penale, restituendo gli atti alla procura; il pm ha dieci giorni di tempo per riformulare il capo d’imputazione e rinviare a giudizio i due indagati.

L’incidente stradale costato la vita alla giovane avvenne il 30 gennaio 2022 a San Bartolomeo. Per pagarsi la laurea in Giurisprudenza (era iscritta al secondo anno), Elena Russo lavorava saltuariamente per la pizzeria la Pizza Re di via Martiri della Bettola: eseguiva le consegne a domicilio. Proprio mentre stava portando pizze calde a un cliente, viaggiando in via Tirabassi su una stretta strada di campagna subito dopo una doppia semicurva, la conducente si schiantò con la Fiat Punto della pizzeria. Un impatto violentissimo: la giovane morì schiacciata sotto il peso dell’automobile, capovolta su se stessa. Un decesso che ha commosso l’intera città: i compagni di studi, gli amici, la Croce Rossa di Reggio dove la ragazza aveva svolto il servizio civile. Unimore ha intitolato a Elena Russo un’aula di Giurisprudenza.

La fase delle indagini preliminari è stata lunga e tortuosa, combattuta a suon di perizie e controperizie (con conclusioni ovviamente opposte) tra le parti: i due datori di lavoro tutelati dall’avvocato Nino Ruffini, l’assicurazione dell’auto citata come responsabile civile (colui che dovrà pagare e risarcire in caso di condanna) rappresentata dall’avvocato Giuseppe Benassi e gli avvocati Simona Magnani e Giulio Cesare Bonazzi per la parte offesa (non ancora parte civile) cioè i genitori della vittima.

Questi ultimi, afflitti da un dolore immedicabile, hanno insistito affinché si faccia piena luce su quel giorno che ha cambiato per sempre la loro esistenza. In un primo tempo, il primo settembre 2022, il pubblico ministero ha richiesto l’archiviazione. Il 18 novembre 2022 i legali dei familiari si sono opposti all’ipotesi che il procedimento si risolvesse in un nulla di fatto. Il 23 marzo un provvedimento del giudice ha rigettato la richiesta di archiviazione e ha disposto un supplemento di indagini con un’ulteriore perizia.

Il super consulente Mattia Strangi ha detto che l’utilitaria procedeva a 130 chilometri orari in un tratto che aveva il limite dei 50, come sostiene la difesa dei pizzaioli, ma ha anche constatato che gli pneumatici usurati potrebbero aver dato un contributo causale determinante nell’esito mortale, come ha sostenuto la famiglia. L’oggetto del contendere della battaglia legale resta il medesimo: lo schianto dipese dalla velocità elevata o dalle condizioni del veicolo?

Il giudice Rat, chiudendo oltre un anno e mezzo di fase preliminare e ordinando il giudizio, ha tagliato la testa al toro e ha deciso che della questione si tratterà a dibattimento. «Ci riteniamo molto soddisfatti dell’esito, conseguito a seguito della nostra opposizione alla richiesta di archiviazione – hanno detto i legali Magnani e Bonazzi –. Ora si aprirà il processo e continueremo a lottare». l © RIPRODUZIONE RISERVATA