Mafia nigeriana a Ferrara, «la violenza come regola»
Le motivazioni della Cassazione per confermare le condanne a 14 imputati appartenenti ai Vikings
Ferrara «Un gruppo in cui l’esercizio della violenza era diffuso quale regola di disciplina interna, funzionale al mantenimento dell’ordine gerarchico e al rispetto delle regole proprie del sodalizio, nonché, come principale forma di lotta nei confronti del gruppo rivale e di reclutamento di nuove leve».
Così la Corte di Cassazione descrive il gruppo Arobaga-Vikings, il sodalizio criminale nigeriano attivo a Ferrara, nello spiegare il perché sia il Tribunale estense che la Corte d’appello di Bologna abbiano correttamente considerato il cult un’associazione di tipo mafioso, avendo constatato la presenza di tutti gli elementi considerati tipici.
Elementi evidenziati in una sorta di “check-list” che riportiamo. L'uso di segni distintivi nell'abbigliamento; la natura violenta dei riti di affiliazione (dovevano bere del sangue); l'uso sistematico della violenza, anche con l'uso del machete, arma di elezione del gruppo, sia per affermare il proprio predominio nel territorio rispetto al gruppo rivale (come accaduto nel tentato omicidio di Stephen Oboh, il leader degli Eiye, gruppo divenuto rivale); lo svolgimento di riunioni periodiche la cui mancata partecipazione, al pari dell'inosservanza delle regole interne, era oggetto di sanzioni; il versamento di quote associative di importo variabile in base al ruolo; la solidarietà tra gli associati in occasione degli arresti; la condizione di assoggettamento e omertà sia della popolazione nigeriana residente nel territorio, sia della popolazione di Ferrara residente nei quartieri in cui era operativo il sodalizio (il riferimento esplicito qui è alla cosiddetta “rivolta dei cassonetti”).
La Cassazione ha confermato la condanna per i quattordici imputati che avevano fatto ricorso dopo la doppia condanna in primo e secondo grado (anche se con pene sensibilmente ridotte in appello), rinviando però alla corte felsinea perché riconsideri due questioni, una delle quali molto importante dal punto di vista del trattamento sanzionatorio degli imputati (tra i quali figura anche il “boss” Emmanuel Okenwa, detto Bugi e/o Boogye). La Cassazione, infatti, ha ritenuto non ben motivata (in parte contraddittoria e in parte gravemente carente, dicono i giudici supremi), l’applicazione dell’aggravante della transnazionalità al reato di associazione mafiosa. In sostanza, una nuova sezione della Corte d’appello è chiamata a rivalutare la questione e, se del caso, spiegare, alla luce delle indicazioni della Cassazione, perché i Vikings operanti a Ferrara fossero o meno un’associazione con anche caratterizzazioni extra nazionali. Il mancato riconoscimento di questa aggravante potrebbe comportare un ulteriore e sostanzioso sconto di pena per gli imputati.
La Corte d’appello è chiamata anche a rivalutare l’applicazione di una misura di sicurezza dell’espulsione adottata nei confronti di uno degli imputati, Stanley Onuoha, considerata non adeguatamente motivata. L’udienza deve ancora essere fissata.