«Noi, costretti a fare debiti per pagare le tasse»
La crisi a Reggio Emilia, Bonazzi (Unifidi): «Pochi investimenti, le imprese ci chiedono soldi per le emergenze». Lorenzi (Abi): «Svolta vicina»
REGGIO EMILIA. C’è la piccola azienda artigiana che deve pagare gli stipendi ma è in crisi perché sta aspettando i soldi dal crac della Cmr di Reggiolo. Oppure quella che non riesce a versare le tasse e deve ricorrere alla rateizzazione in 12 mesi per non vedersi suonare il campanello dagli esattori. Due casi che prendono in esame la realtà di altrettante imprese artigiane che hanno bussato alla porta del consorzio Unifidi di Reggio Emilia, legato alla Lapam-Confartigianato, dove ad accoglierli è Andrea Bonazzi, uno dei responsabili del sistema di garanzia del credito verso le piccole aziende reggiane costrette a indebitarsi per tentare di superare le lunga crisi. «Molte imprese ci chiedono di finanziare la cassa, non più gli investimenti: questa è emblematico se si vuole spiegare il livello delle sofferenze bancarie e la crisi ancora in atto» dice Bonazzi.
Come raccontato sulla Gazzetta pochi giorni fa, sono infatti 10.800 le famiglie e le imprese reggiane che nel 2015 non sono riuscite a ripagare i prestiti concessi dalle banche e che sono talmente in crisi che gli stessi istituti sono convinti che quei soldi non li rivedranno mai più. Si tratta di 2,2 miliardi di euro solo nel 2015, che vengono messi a bilancio dalle banche sotto il nome evocativo di “sofferenze”. Un livello altissimo, quadruplicato rispetto al 2009: vale a dire 200mila euro in media per ciascun cliente in sofferenza. «Tutto sommato le famiglie si sono difese meglio utilizzando in caso di necessità i risparmi accantonati prima della crisi - spiega Luca Lorenzi, presidente dell’Abi (Associazione bancaria italiana) dell’Emilia-Romagna nonché responsabile Unicredit per il Centro-Nord. «A livello italiano abbiamo un dato sulle sofferenze a fine 2015 che ha finalmente arrestato la sua progressione ma ci sono settori come le costruzioni che continuano a pagare dazio, come si è visto nella dorsale emiliana delle coop edili che sono ancora al centro della crisi».
«Il boom di sofferenze a Reggio ha messo in seria difficoltà i nostri stessi consorzi di garanzia - spiega Bonazzi - noi siamo quelli che conoscono le imprese del territorio e offrono loro un aumento delle garanzie quando chiedono affidamenti, scontando così un tasso migliore alle banche con le quali siamo convenzionati. Negli ultimi anni, però, anche le conoscenza dei nostri clienti non è più bastata con conseguenze evidenti nel sistema. Ora l’operatività dei nostri confidi è estremamente ridotta, parliamo di un taglio del 40% su Reggio, con molte cooperative di garanzia che hanno chiuso a loro volta in perdita perché esposte con clienti che sono andati in sofferenza, facendo scattare l’escussione delle garanzie che avevamo prestato. Io, come Confartigianato, avevo operazioni per 68 milioni in ufficio nel 2010: il 2015 lo chiudiamo invece ad appena 15 milioni. Questa è la proporzione della crisi. Anche perché i prestiti che vengono concessi oggi servono spesso per ragioni di cassa. C’è l’azienda che deve consolidare il suo credito con la Cmr, come chi non riesce a pagare i fornitori, o gli stipendi. Un’azienda non riusciva a pagare le tasse in un colpo solo, ormai una consuetudine. Il massimo che abbiamo potuto fare è stata una rateizzazione in 12 mesi finanziata dalle banche e controgarantita da noi. Purtroppo stiamo pensando alle emergenze, non più agli investimenti. Il nostro compito è favorire l’accesso al credito ma questa situazione ha portato ad un cambio radicale del mercato: bisogna valutare bene i propri clienti e avere le spalle coperte. Questo ha lasciato fuori dal perimetro del credito molte aziende».