Gazzetta di Reggio

La casa di Saman

Jacopo Della Porta e Alessandro Cagossi
La casa di Saman

Tra i disegni e i quiz per la patente tracce delle due vite della ragazza la figlia obbediente e la ribelle

04 novembre 2023
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Novellara Il tempo si è come fermato in via Cristoforo Colombo 103.

Il casolare bianco dove Saman ha vissuto con la famiglia, dal dicembre 2016, è come un orologio rotto che segna il momento in cui l’irreparabile si è compiuto.

Dopo il delitto del primo maggio 2021 e la fuga di tutta la famiglia, l’abitazione è stata posta sotto sequestro. Pochi giorni fa, la Corte d’Assise – davanti alla quale si sta celebrando il processo a carico dei genitori, due cugini e uno zio – ha autorizzato il padrone di casa a togliere i sigilli.

Siamo entrati nel casolare, che ha le fattezze del tipico edificio agricolo emiliano dell’Ottocento, dove il padre Shabbar ha vissuto per anni da solo prima del ricongiungimento con la famiglia.

Il proprietario Ivan Bartoli, titolare dell’azienda agricola Le Valli, dove Abbas faceva il custode, ci apre la porta rossa che conduce in casa.

Il pensiero corre a Saman e ai giorni in cui la varcava contenta al ritorno dalla scuola. Quella soglia la catapultava immediatamente da Novellara al villaggio del Punjab dove era cresciuta, e presto si sarebbe chiusa dietro di lei, intrappolandola in un mondo decisamente troppo piccolo per le sue aspirazioni.


Da quell’ingresso il fratello ha detto di averla vista andare in braccio ai suoi carnefici in quella maledetta notte che ha distrutto la sua famiglia per sempre.


Appena dentro, ci si imbatte nelle scale che portano al primo e al secondo piano. I carabinieri di Novellara la videro scendere da lì il 22 aprile 2021, quando andarono a cercarla non appena seppero che si era allontanata dalla comunità di Bologna dove aveva trovato rifugio per sfuggire al matrimonio combinato. La mamma Nazia aveva provato a dire che non era in casa, ma il maresciallo Pasqualino Lufrano l’aveva chiamata ad alta voce, fino a quando la diciottenne apparve, all’apparenza serena e tranquilla.

Subito a destra c’è la cucina, il luogo dove mamma e figlia passavano ore a preparare i pasti e fare le faccende domestiche.

Sul fornello è rimasta la padella per il chapati, un pane senza lievito simile a una piadina. Gli scaffali sono pieni di prodotti alimentari d’importazione che i pakistani solitamente acquistano nei negozi etnici.
 

La cucina era il luogo dove la famiglia, lo zio e i cugini si trovano per mangiare ogni giorno.

Il disordine regna ovunque, in parte perché la casa è stata abbandonata in fretta e furia dopo il delitto, ma soprattutto perché i carabinieri, a partire dai giorni successivi l’hanno perquisita e setacciata più volte in cerca di indizi e documenti.

Al primo piano si trovano la stanza dei genitori, a sinistra, e quella di Saman, a destra.

La ragazza dormiva con il fratello minore Alì. Il contenuto degli armadi e dei cassetti è stato rovesciato alla rinfusa sul letto. Ci sono i quaderni e soprattutto tanti vestiti.

Sulle pareti spiccano varie decorazioni, tra cui un disegno raffigurante una mano, circondata da filo spinato, che tiene una rosa (con la scritta “criminal hand”, mano criminale).

Le tracce di Saman sono soprattutto in quelle creazioni, ingenue, colorate e allegre, che ravvivano spazi decisamente spartani. Campeggiano anche nelle camere dei genitori e persino sul frigo della cucina.

Un po’ ovunque ci sono dei fiori a quattro o cinque petali, alcuni ricoperti di glitter. Lo stesso disegno si nota sulla fascia rossa che la ragazza indossa nella foto con la quale il pubblico italiano l’ha conosciuta quando si iniziò a parlare della sua scomparsa.

Nei pochi mesi in cui frequentò la scuola italiana, la terza media alla Lelio Orsi di Novellara, aveva trovato il modo di entrare in contatto con le sue compagne di classe disegnando sulle loro mani con l’henné. Una foto dell’epoca, conservata da una ex alunna della III B, mostra un tatuaggio con quel motivo floreale.

Il disegno è stata l’attività nella quale Saman ha trovato rifugio quando i genitori le impedirono di proseguire gli studi. Manuela, moglie di Ivan Bartoli, ha ricordato di averle comprato una volta quaderni, penne e matite e di essere rimasta favorevolmente impressionata quando po le mostrò quello che sapeva fare.
 

Nella stanzetta c’è una cornice con la foto di Saman e Alì bambini, un ricordo di un legame fraterno spezzato per sempre dalla furia omicida della famiglia.

Un’unica finestra illumina quei pochi metri quadrati. Affaccia in direzione di Novellara e sulla strada provinciale che corre verso Reggiolo. A pochi metri ci sono le serre dove la diciottenne è caduta nell’agguato dei parenti.

Dal giugno 2017, quando la ragazza finì la terza media, al giugno 2020, quando scappò di casa per andare in Belgio, a trovare un ragazzo conosciuto sui social, Saman ha vissuto come un fantasma. Persino i datori di lavoro del padre la vedevano raramente in cortile. Per lunghi mesi quella finestra è stata per lei l’unica apertura sul mondo. Poi, con il passare del tempo, i social network le hanno fornito gli strumenti per evadere da quelle quattro mura, ogni giorno più strette.

Nel caos della cameretta di Saman, affiorano i resti delle sue due vite. I disegni raccontano la figlia obbediente, che trovava in quelle creazioni uno dei suoi pochi passatempi. Il libro con i quiz per la patente, ancora sul comodino, racconta il ritorno a casa della ribelle. Nel suo progetto d’autonomia rientrava anche quello di guidare l’auto.

Al piano superiore, nel sottotetto, vi sono altre due stanze. In una dormivano lo zio e i due cugini, prima che i litigi con il padre di Saman li costringesse ad andare a vivere poco distanti.

Nell’altra vi sono vari oggetti accatastati alla rinfusa, tra cui un tapis roulant. Lo aveva chiesto Shabbar al datore di lavoro. Voleva che la moglie potesse fare movimento senza varcare la porta rossa. La donna non usciva quasi mai, ma evidentemente per il capofamiglia anche quelle poche volte erano troppe.

Quando usciamo dal casolare, il frigorifero è stato portato in cortile. Nella casa che fu degli Abbas devono cominciare i lavori per renderla nuovamente abitabile. La facciata è stata ridipinta e gli infissi tolti per essere rinnovati. In via Cristoforo Colombo ci si prepara a voltare pagina, anche se il ricordo di Saman non verrà mai meno. l