Gazzetta di Reggio

Il processo

«Ergastolo ai genitori di Saman 30 anni allo zio e ai due cugini»

Jacopo Della Porta
«Ergastolo ai genitori di Saman 30 anni allo zio e ai due cugini»

La richiesta del pubblico ministero Galli al termine di una lunga requisitoria. «Il padre ha deciso l’omicidio, la mamma ha consegnata la figlia a Danish e ai cugini»

18 novembre 2023
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Reggio Emilia A distanza di due anni e mezzo da quando i carabinieri la informarono della scomparsa di una ragazza di 18 anni dalle campagne di Novellara, ieri il pubblico ministero Laura Galli ha preso la parola in Corte d’Assise per la requisitoria contro i cinque imputati per la morte di Saman Abbas, uccisa per essersi opposta a un matrimonio combinato e più in generale aver sfidato regole tradizionali considerate da tutti i parenti come immutabili.

La magistrata ha chiesto l’ergastolo per i genitori, Shabbar Abbas e la latitante Nazia Shaheen, con due anni di isolamento diurno. Allo zio Danish Hasnain, che il 18 novembre 2022 condusse gli inquirenti nel casolare diroccato dove si trovava il corpo della nipote, sono state riconosciute le attenuanti generiche e pertanto la pena richiesta è stata di 30 anni. Anche per i cugini Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq, la pm ha chiesto 30 anni, riconoscendo le attenuanti generiche in ragione della sudditanza che avevano nei confronti dello zio.

La requisitoria della magistrata è iniziata alle 14.30 – alla mattina era intervenuto invece il procuratore capo Calogero Gaetano Paci – e si è conclusa alle 19.30.

Accerchiata da tutti

La magistrata non ha avuto dubbi nell’attribuire le responsabilità a tutti gli imputati. La decisione di ucciderla è stata di tutta la famiglia, non solo gli imputati che erano a Novellara, ma anche i loro parenti in Pakistan. Un accerchiamento che nasce dall’offesa arrecata al loro onore dalle condotte della ragazza, ad esempio l’aver pubblicato sui social la foto del bacio con il fidanzato Ayub Saqiq.

Nazia come il marito

Riguardo alle singole responsabilità, Galli non ha dubbi. «Shabbar è colui che ha deciso l’omicidio della figlia». Non poteva essere l’esecutore materiale, «perché ci volevano almeno due minuti per strozzare Saman e non è mai stato “fuori” dalle telecamere», ha detto facendo riferimento al video in cui si vede la ragazza uscire di casa coi genitori. Per l’accusa quel video è una farsa, perché il padre si sarebbe fermato allo scopo di poter negare la sua responsabilità nell’esecuzione materiale, che è attribuita allo zio Danish, con la collaborazione dei cugini.

«Nazia ha messo in mano la figlia ai suoi assassini» e poi è rientrata in casa con passo spedito. Anche lei è stata una vittima della violenza del marito, ma resta il fatto che ne condivide la visione e i valori e ha partecipato alla pianificazione del delitto. Nelle intercettazioni successive all’omicidio da lei non emergerà alcun pentimento.

«Del resto, per gli Abbas Saman era già morta da quando era fuggita in Belgio», ha detto Galli, riferendosi alla fuga della ragazza nel giugno 2020 per andare a trovare un ragazzo afghano conosciuto sui social.

«Sulla premeditazione del delitto pesano elementi oggettivi», quali l’acquisto dei biglietto per la fuga in Pakistan nei giorni immediatamente precedenti l’assassinio (il 28 e il 29 aprile), così come la preparazione della fossa, che in base alle immagini che del sistema di videosorveglianza dell’azienda agricola Le Valli risalirebbe al 29 aprile (quando lo zio e i cugini furono ripresi mentre si avviavano verso i campi con pale, un piccone, un secchio e un telo azzurro).

La firma del delitto

La perizia dell’archeologo forense Dominic Salsarola ha stabilito che la fossa è stata preparata in più momenti, con una delle pale provenienti dal casolare dove vivevano lo zio e i cugini. «Se lo scavo indiscutibilmente è stato fatto con quella pala e quella pala indiscutibilmente è stata trovata a casa dei tre imputati, questa è la firma dell’omicidio».

Scontata, per la magistrata, anche l’aggravante dei futili e abietti motivi, «come potremmo definire altrimenti l’uccisione di una persona che vuole solo vivere la sua vita?».

L’unica accusa che il pm Galli non ritiene fondata è quella di sequestro di persona.

Stoccate ai difensori

In mattinata, durante la sua requisitoria, il procuratore capo Paci non ha lesinato stoccate alle difese (anche aver ricordato che il cadavere poteva essere trovato prima va letto in questo senso). «Saman è stata uccisa e non è stato un incidente», ha detto riferendosi alle parole di Enrico Della capanna, codifensore di Shabbar Abbas con il collega Simone Servillo. Ha criticato la modalità con le quali Luigi Scarcella, difensore di Nomanulhaq, ha posto le domande ad Alì Haider, fratello di Saman, ma anche la scelta difensiva di non far parlare il suo assistito. «Nomanulhaq ha partecipato al suo processo come non lo riguardasse, come un fantasma» per una «lungimirante scelta difensiva, vedremo i risultati...».

Il procuratore ha ridimensionato il valore del sopralluogo della Corte a Novellara, per valutare se Alì possa aver visto quello che accadde la notte del delitto, a 23 metri di distanza. «Il sopralluogo sconta limiti enormi, per condizioni ambientali e di luminosità e perché fatto da persone che non hanno la consuetudine di quei luoghi pari ad Haider e non bastano 28 sopralluoghi (quelli che ha dichiarato di aver fatto l’avvocato Liborio Cataliotti, difensore di Danish, ndr)».

I due magistrati sono stati compatti nel difendere Alì e nel giudicare come genuina la sua deposizione. Il procuratore ha anche sostenuto che il fratello non è mai stato il caposaldo dell’accusa (ha usato la parola “corona”). Del resto, in questo processo «non c’è una prova regina, non c’è la prova del momento in cui Saman viene uccisa o seppellita», ma «abbiamo una pluralità di elementi di varia provenienza, che servono a mettere la corte di fronte a una piattaforma indiscutibile».

Tra i tanti elementi sui quali i magistrati hanno insistito, ci sono la conversazione di Danish con la moglie, poche ore dopo il delitto, nella quale parlava di «un lavoro fatto bene» e quella dell’8 giugno 2021, quando Shabbar confessò al telefono con il fratellastro di aver ucciso la figlia «per il suo onore».

Martedì parleranno le parti civili. Poi le difese avranno due udienze prima che la Corte si riunisca in camera di consigliol

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