Gazzetta di Reggio

«Saman ha sfidato una cultura basata sul dominio sulle donne»

Jacopo Della Porta
«Saman ha sfidato una cultura basata sul dominio sulle donne»

In Corte d’Assise l’arringa delle associazioni che lottano contro la violenza di genere. «Lei una ragazza forte e intelligente. Da chi l’ha uccisa solo un assordante silenzio»

22 novembre 2023
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Reggio Emilia «L’uccisione di Saman Abbas rappresenta l’ultimo atto punitivo per il suo comportamento trasgressivo e ribelle alle regole che le venivano imposte. Un comportamento contrario alle consuetudini della sua famiglia. Un atto punitivo contro la sua volontà di autodeterminarsi». Lo ha dichiarato ieri l’avvocata Teresa Manente, che rappresenta l’associazione Differenza Donna, davanti alla Corte d’Assise di Reggio Emilia, dove sta giungendo alle fasi finali il processo a carico dei genitori, di uno zio e di due cugini della diciottenne uccisa il primo maggio 2021 a Novellara per essersi opposta a un matrimonio combinato.

Durante l’udienza, interamente dedicata alle nove parti civili, che si sono tutte associate alla richiesta di condanna della procura e hanno avanzato richieste di risarcimento, hanno preso la parola le avvocate delle associazioni impegnate da anni nella difesa delle donne.

«Saman era una ragazza forte, coraggiosa, intelligente, intraprendente, sorridente e socievole». L’avvocata Manente ha utilizzato nel corso del suo intervento quanti più aggettivi possibili per tratteggiare in modo positivo la figura della diciottenne, la cui voglia di vivere ha dovuto fare i conti con la cultura della famiglia e soprattutto del padre. Per Shabbar, la concezione del rapporto padre-figlia era quella di «possesso-dominio e imposizione della sottomissione attraverso un atteggiamento intimidatorio, violento e controllante».

L’avvocata Sonia Lama, dell’associazione Unione Donne in Italia (Udi), ha tenuto a mettere in secondo piano gli aspetti culturali. «Per Udi, non esistono donne occidentali o orientali, donne del nord o del sud, donne cristiane o musulmane. Esistono solo donne che hanno diritto alla propria libertà e autodeterminazione». Per la legale, il movente del delitto di Saman va ricercato «nella cultura del dominio sulle donne», alle quali viene spesso chiesto di adeguarsi alle vite delle loro madri e nonne.

Monica Miserocchi, che assiste Trama di Terre, ha ricordato che dal 2009 l’associazione si occupa del contrasto ai matrimoni forzati. All’arringa ha assistito anche la fondatrice Tiziana Dal Prà. «Saman era invisibile ed è diventata visibile la sera della sua scomparsa, quella notte in cui si è incamminata sotto le telecamere in quella carraia», ha detto l’avvocata riferendosi al famoso video in cui esce di casa con i genitori.

Miserocchi ha richiamato l’attenzione sulla condizione particolare delle ragazze che rifiutano i matrimoni combinati e sulla necessità di risposte adeguate per accoglierle e fornire loro un progetto di vita per gli anni successivi.

Infine, l’avvocata Giovanna Fava, affiancata dalla collega e presidente di Nondasola Federica Riccò, ha parlato della famiglia Abbas come di una «capsula chiusa all’interno della campagna di Novellara, una ciste in quel paese». Ha descritto gli uomini del clan, dai quali nel corso del dibattimento non è arrivato «nessun contributo di verità ma solo un assordante silenzio», come in lite tra di loro per varie ragioni, «ma solidali nel reprimere la libertà femminile e la possibilità di autodeterminazione delle donne».

Nella sua arringa, Fava non ha riconosciuto attenuanti di sorta alla mamma di Saman, Nazia Shaheen, che è ancora latitante. Pur ricordandone lo status di donna maltrattata, ne ha sottolineato il «ruolo fondamentale nel delitto».