Gazzetta di Reggio

Più studi, più sei povero

I dati choc dell’Adi sulle condizioni di dottorandi e dottori di ricerca pagati meno di 1.200 euro, sfruttati e con problemi di salute mentale

24 gennaio 2024
3 MINUTI DI LETTURA





i Giuseppe Boi

È il più alto titolo di studio conseguibile in Italia. Chi lo possiede è considerato la figura più preparata nel relativo ambito di studio e ricerca. Eppure il dottorato in Italia non paga, anzi è sinonimo di povertà e precarietà. È il quadro che emerge dall’undicesimo rapporto dell’Associazione dottorandi e dottori di ricerca in Italia (Adi). Una fotografia delle condizioni di vita di dottorandi e ricercatori all’inizio della carriera intitolato, non a caso, “Psicopatologia del dottorato di ricerca”. Perché? Anzitutto perché il 61% dei dottorandi guadagna tra i 1.100 e i 1.200 euro al mese. Poi perché la metà dei ricercatori spende tra il 40 e il 100% dello “stipendio” per avere un tetto sotto cui dormire. Quindi perché in pochissimi riescono a risparmiare più di 50 euro al mese. I risultato? Metà dei dottorandi e delle dottorande soffre di depressione, ansia e stress che potrebbero risultare rilevanti a livello clinico, con una prevalenza di gran lunga superiore non solo alla popolazione italiana nel suo insieme, ma anche a chi fa un dottorato in altri Paesi occidentali.

Lo studio

L’undicesimo rapporto dell’Adi è frutto dei dati raccolti ogni anno dall’associazione su scala nazionale. A questa edizione del report, relativa al 2023, hanno partecipato più di 7.000 persone iscritte a un dottorato, vale a dire circa un sesto della popolazione totale. Gli intervistati hanno raccontato le proprie abitudini di vita e lavoro, le proprie condizioni economiche e una valutazione complessiva del loro benessere. E hanno descritto condizioni economiche, professionali e di generale benessere a dir poco disastrosa.

Lavoro povero

Il primo problema delle giovani generazioni che compongono la popolazione accademica italiana è la questione economica. Il recente aumento delle borse di dottorato (pari a circa 65 euro mensili) è un segnale positivo ma insufficiente. Del resto, come emerge dai dati raccolti da Adi, l’importo è attualmente di circa 1.195 euro netti al mese. Ossia molto meno dei 1.499 euro di salario a cui può aspirare un laureato magistrale a un anno dal conseguimento del titolo. Impietoso anche il confronto con l’estero: in Francia e Germania l’importo medio delle borse di dottorato è tra il 20% e il 30% più alto, mentre in Paesi come Danimarca, Olanda e Spagna le borse sono rapportate al costo della vita

Vittime del caro vita

Ed è proprio questo uno dei punti dolenti: le borse di studio italiane non sono sufficienti a coprire gli aumenti legati all’inflazione e al caro-affitti. La crescita del costo della vita ha ridotto del 10% il potere d’acquisto dei dottorandi negli ultimi tre anni. Una contingenza a cui si è aggiunta la crisi abitativa che, a partire dalla fine del 2022, ha portato a un netto aumento del costo degli affitti soprattutto nelle città universitarie. Come si legge nel rapporto, «in 24 città su 40, che ospitano l’80,2% del totale dei posti di dottorato in Italia, l’affitto di un monolocale in centro è superiore al 30% della borsa anche dopo l’aumento a 1.195 euro al mese».

Precari e senza futuro

Questo ha conseguenze dirette sulla qualità di vita dei dottorandi, che si trovano nella condizione obbligata di condurre uno stile di vita “studentesco” e non hanno la possibilità di pianificare la propria vita personale e affettiva nel breve o medio termine, prolungando così la propria dipendenza dalla famiglia d’origine. Tale precarietà economica è accentuata dal fatto che la maggior parte dei giovani ricercatori in formazione non riesce, per via della difficoltà di far fronte ai costi della vita ordinaria, a creare una base di risparmio adeguata anche per far fronte ad eventuali spese impreviste. Se a questo si aggiunge lo “stacanovismo accademico” – il 51, 4% degli intervistati lavora più di 40 ore a settimana, mentre l’11, 9% supera addirittura le 50 ore – il quadro raffigurato dal report conferma il suo titolo: “Psicopatologia del dottorato di ricerca”. E non ci lamentiamo se poi i migliori cervelli fuggono all’estero. l

© RIPRODUZIONE RISERVATA