Versamenti Irpef, Italia spaccata in due: più di un milione di italiani non pagano tasse e contributi
Il 63% versato dal 15% dei contribuenti. Quasi metà dei cittadini senza reddito
Milano Nel 2022 crescono i redditi dichiarati in Italia, ma la sostenibilità del sistema fiscale e quindi delle prestazioni di welfare è messa in seria difficoltà dallo squilibrio esistente tra i grandi contributori e quel 45% degli italiani che non ha alcun reddito. È questo in sintesi il monito che emerge dal report “Le dichiarazioni dei redditi 2022: l’analisi Irpef e delle altre imposte dirette e indirette per importi, tipologia di contribuenti e territori negli ultimi 15 anni”, presentato alla Camera dall'Osservatorio Itinerari Previdenziali.
Nel 2022 i redditi dichiarati nel nostro Paese sono stati pari a 970 miliardi di euro, dato in crescita del 6,3% rispetto al 2021, per un totale di Irpef versata pari a 189,31 miliardi di euro (al netto del bonus-TIR). Ma se i versanti almeno un euro di Irpef nel paese sono stati 32.373.363, cifra in aumento di oltre un milione di unità rispetto al 2021, dall'altra parte questo implica che circa il 45% degli italiani - quasi 27 milioni di persone - non abbia redditi e, quindi, viva a carico di qualcuno.
Un “Paese fiscale” di fatto spaccato a metà, per una situazione che genera dubbi sulla sostenibilità futura del sistema, a causa del forte squilibrio generale nella contribuzione. Sono oltre un milione infatti gli italiani che non pagano né tasse né contributi, mentre sono circa poco meno di 16 milioni i versanti che non superano in media i 294 euro annui. Dall'altra parte, il 15,26% dei contribuenti totali (quelli dai 35mila euro di reddito lordo in su), ha pagato il 63,39% dell'Irpef complessiva, si sottolinea nel report. Allargando l'analisi ai contribuenti con almeno 20mila euro di reddito lordo, si arriva al 93,7% dell'Irpef totale che viene pagata dal 46,81% dei contribuenti, a fronte del resto (6,31% del gettito) a carico del restante 53,19% della popolazione. Uno squilibrio definito "insostenibile" e che potrebbe mettere a rischio «sia il welfare che la tenuta del debito pubblico».