Gazzetta di Reggio

I problemi della sanità

Troppi pazienti da fuori regione: «L’Emilia Romagna non può più essere l’ospedale d’Italia»

di Andrea Marini

	Sanità, Michele de Pascale lancia l'allarme
Sanità, Michele de Pascale lancia l'allarme

Il presidente della Regione, Michele de Pascale, lancia l’allarme: «Sistema sotto pressione, non riusciamo più a curare i nostri cittadini». Alan Fabbri, sindaco di Ferrara: «Lo dico da tempo, i ferraresi sono costretti ad andare in Veneto»

4 MINUTI DI LETTURA





BOLOGNA. L’Emilia Romagna, da sempre considerata una delle eccellenze sanitarie italiane, lancia un allarme che scuote il dibattito politico e sociale: «La pressione dei pazienti provenienti da altre regioni ha raggiunto livelli insostenibili». A dichiararlo pubblicamente è il presidente della Regione, Michele de Pascale, in un’intervista a Radio 24

L’allarme di de Pascale

«Il nostro storico motivo di orgoglio, l’enorme attrattività sanitaria, oggi è diventato il principale problema – ha spiegato de Pascale –. Non ce la facciamo più. Il sistema è intasato e non riusciamo a garantire cure tempestive ai nostri cittadini. Lo dico con rispetto, io tra l’altro porto un cognome meridionale, quindi ci mancherebbe che non capissi il diritto universale di tutti i cittadini a curarsi, ma non ce la stiamo assolutamente facendo più».

Le reazioni nel mondo politico

Le parole del governatore Pd hanno immediatamente acceso un confronto acceso tra maggioranza e opposizione, ma anche tra amministratori locali. Il sindaco di Ferrara, Alan Fabbri (Lega), ha espresso pieno sostegno a de Pascale: «Lo dico da tempo: l’Emilia-Romagna non può farsi carico di tutti. Se il sistema continua a sobbarcarsi anche le carenze di altre regioni, a rimetterci saranno i cittadini emiliano-romagnoli, e in particolare i ferraresi, che già oggi spesso devono spostarsi oltre il Po per ricevere cure più rapide». L’opposizione coglie l’occasione per rimarcare quelli che ritiene siano problemi di gestione ormai cronici. Il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Giancarlo Tagliaferri, critica duramente la gestione degli ultimi vent’anni: «Abbiamo abbandonato la sanità territoriale, chiuso i piccoli presidi, centralizzato i servizi. Ora il sistema è squilibrato. Non è una sorpresa che oggi si scopra che le liste d’attesa sono ingestibili e che i pronto soccorso siano in crisi». Anche la consigliera di Forza Italia, Valentina Castaldini, ha invitato alla prudenza: «Le parole di de Pascale meritano un approfondimento serio. L’Emilia-Romagna è da sempre una delle regioni più attrattive in Italia dal punto di vista sanitario. Se si decide di limitare questa mobilità, bisogna essere consapevoli che ci saranno delle conseguenze». Il tema si intreccia con quello del federalismo sanitario. «Le regioni più organizzate non possono diventare l’ospedale d’Italia», ha dichiarato Fabbri. «Serve più autonomia per chi amministra bene. Il centralismo penalizza chi ha costruito modelli virtuosi».

I numeri dei “migranti della salute”

Ma quale sarebbe il “peso” dei “migranti della salute” sul sistema Emilia Romagna? Secondo i dati dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), l’Emilia-Romagna è tra le regioni con il più alto saldo positivo nella mobilità sanitaria interregionale. Nel 2023, ha erogato prestazioni sanitarie a pazienti provenienti da altre regioni per un valore di oltre 806 milioni di euro, a fronte di 282 milioni spesi per emiliano-romagnoli curati altrove. Il saldo netto è stato di 525,4 milioni, il più alto in Italia. Questo significa che decine di migliaia di cittadini italiani scelgono ogni anno di farsi curare in Emilia Romagna, attratti dalla qualità delle strutture, dalla competenza dei professionisti e dall’efficienza del sistema. Ma questa eccellenza ha un costo. «Non troviamo più personale sanitario sufficiente – medici, infermieri, tecnici – e gli stipendi fermi spingono molti verso il privato», ha aggiunto de Pascale. Il sistema è sotto stress, con liste d’attesa sempre più lunghe, pronto soccorso in affanno e una crescente difficoltà nel garantire l’assistenza ai residenti. Il fenomeno riguarda anche le malattie rare: al 31 dicembre 2024, oltre 59.500 pazienti risultavano presi in carico dal sistema sanitario regionale, di cui il 17,5% provenienti da fuori regione. Un dato che conferma l’attrattività del sistema emiliano-romagnolo, ma che evidenzia anche il rischio di sovraccarico.

Cosa succede adesso

La denuncia di de Pascale, pur consapevole del diritto universale alla salute, rappresenta un punto di svolta. Ora la Regione si trova davanti a un bivio: continuare a garantire cure a chi arriva da fuori, rischiando di penalizzare i residenti, oppure rivedere il modello di mobilità sanitaria, con tutte le implicazioni politiche, etiche e sociali che ne derivano. Una scelta difficile, che impone una riflessione profonda sul futuro della sanità pubblica in Italia. A meno che - e forse questo è il fine del presidente - il governo non intervenga.