«I costruttori vendano ai privati e non a Delrio a prezzo di realizzo»

Si infiamma il dibattito dopo la proposta dell'Aier E Bedogni: tutti in difficoltà, soluzione concertata

07 novembre 2010
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REGGIO. Le case invendute non ce l'hanno soltanto i costruttori dell'Aier. Le case invendute ce l'hanno anche le coop, gli artigiani, le piccole imprese, e gli industriali. L'acqua alla gola, insomma, a Reggio sfiora un po' tutti. Ecco perché, secondo il geometra Libero Bedogni, «eventuali risposte vanno trovate in modo concertato».

Per carità - dice - la proposta dell'Aier «è legittima», ma evidentemente è legittima anche la replica del Comune di Reggio. In effetti, ha già suscitato un vespaio di polemiche la sollecitazione lanciata dall'associazione degli edili presieduta da Antonio Rizzo: un invito, cioè, all'amministrazione locale affinché il Comune stesso si assuma l'onere di acquistare - a prezzo di realizzo - 350 alloggi nuovi di pacca ma rimasti invenduti, con l'obiettivo per l'Aier di fare cassa, e per la città di incrementare l'offerta degli alloggi da destinare all'edilizia popolare. Legambiente è insorta, il Pdl ha applaudito, ma da piazza Prampolini la risposta è stata picche.  «Se negli anni passati - prosegue Bedogni, amministratore delegato del Centro cooperativo di progettazione (ma ci tiene a precisare che le sue sono parole pronunciate a puro titolo personale) - qualcuno ha costruito, io voglio immaginare che l'abbia fatto con precise prospettive in mente. Stando all'andamento relativo alla crescita della popolazione, il mercato evidentemente dettava determinate esigenze. Oggi però ci ritroviamo con un parco alloggi che è rimasto lì. Perché non comprano quelle case? Ma chi volete che metta in programma l'acquisto di una nuova casa quando il problema delle famiglie è come arrivare alla fine del mese? Oggi per erogare un mutuo le banche esigono certezze. Per questo dico che eventuali risposte a questo problema vanno trovate in maniera concertata. E' inutile che ciascuna associazione agisca per sé.

Qualora queste case fossero affittate, è necessario vi sia un mix di fasce sociali». Per evitare che si replichi il ghetto di via Turri? «Via Turri ha una storia tutta sua. Ma io, ad esempio, ho vissuto una vita alla Rosta Nuova: lì ci sono le case popolari, e il quartiere è un bel quartiere. Perché i luoghi vanno pensati e programmati».  A difesa del Comune, scende invece in campo un sindacalista: Carlo Veneroni della Cgil, che con i problemi degli inquilini ha a che fare tutti i giorni. «L'amministrazione - dice - i soldi non ce li ha. E non so poi quanto sia giusto che un Comune arrivi a fare anche fare da ammortizzatore. Che si stava costruendo troppo lo si era detto e ridetto anche nel passato. Oggi, stando a quel che vedo e che sento quotidianamente, l'esigenza che c'è è quella di avere gli affitti a basso costo. Ogni anno gli sfratti aumentano del 50%, e allora mi chiedo come facciano alcuni Comuni a presentarsi al tavolo provinciale con proposte inverse: vendere, cioè, gli alloggi popolari».  La domanda di Veneroni all'Aier, però, è diretta: «L'associazione sostiene di voler vendere le case costruite dalle imprese associate a puro prezzo di realizzo. E allora dico: perché a prezzo di realizzo non vendono quelle stesse case ai privati? Possibile che a cifre così convenienti - se è vero quello che dicono - non si riescano a trovare acquirenti realmente interessati? Forse sarebbe opportuno entrare nel merito di questo prezzo, capire cioè a quanto avrebbero avuto intenzione di vendere. Un dato certo, comunque, è che il Comune oggi i soldi non li ha. E fa bene a investire 30 milioni di euro sull'edilizia popolare puntando al recupero del patrimonio esistente. Altrimenti quel patrimonio dovrebbe venderlo domani a qualche privato, che lo compra per quattro soldi, lo ristruttura, e lo rivende a peso d'oro». Cioè, un film già visto.

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