Gazzetta di Reggio

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Gli artigiani reggiani scendono in piazza

Gli artigiani reggiani scendono in piazza

Mobilitazione il 21 aprile. Richiamo a banche e istituzioni: 12 mila posti in bilico, in edilizia persi affari per 1,5 miliardi di euro.

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REGGIO EMILIA

«Ci sono pochi soldi e poche idee. Così si rischia il collasso». Il presidente degli artigiani della Cna Tristano Mussini chiama all’adunata tutti gli associati della maggiore sigla imprenditoriale reggiana. Ben 10.400 associati, 3.400 dei quali legati a doppio filo al settore edile, tempestato da un boom di fallimenti e concordati diventati la fotografia della crisi economia locale, che parte dalle grandi coop e si dirama fino alle piccole imprese dell’indotto, molte delle quali allo stremo. La perdita di fatturato calcolata in edilzia raggiunge 1,5 miliardi di euro, mentre i posti di lavoro in bilico sarebbero 12 mila. Tanto basta per capire che la misura per la base imprenditoriale è ormai colma, e serve una scossa che giungerà dalla mobilitazione di piazza fissata a Reggio il prossimo 21 aprile. «Quando fanno la voce grossa i grandi gruppi tutti li sentono, mentre dei piccoli imprenditori non sanno il nome. Questa volta ci faremo sentire» lancia la carica Mussini, che girerà l’appello corale scandito dalla piazza al prefetto di Reggio Antonella De Miro, emissario dello Stato sul territorio. Ma la campana suonerà forte anche per le banche, con le quali i rapporti restano molto tesi. Senza dimenticare il mondo della politica, che ha fatto capolino poche settimane formando in Provincia un tavolo di confronto ma che, al momento, sembra avere le armi spuntate. «In questi anni abbiamo cercato in tutti i modi di avvisare dell’imminente pericolo - spiega il numero uno degli artigiani - siamo partiti nel 2011 quando avevamo palesato in assemblea la nostra preoccupazione sulla tenuta delle nostre aziende. Il rallentamento economico era già evidente ma non tutti l’hanno inquadrato in maniera adeguata. Avevamo lanciato l’idea di vendere parte dei gioielli di famiglia, come Iren, per aiutare il territorio a uscire da una crisi che mordeva già. Poi, l’anno scorso, abbiamo focalizzato la nostra attenzione sui pagamenti della pubblica amministrazione con una manifestazione ad hoc. La verità, però, è che la situazione è molto peggiorata: mancano soldi, idee e comparti come quello delle costruzioni sono in grande difficoltà». «Stiamo rischiando di perdere il benessere accumulato in passato e declinare verso la decrescita - aggiunge Fabio Bezzi, direttore della sigla artigiani - Dobbiamo cambiare e in fretta per salvaguardare imprese e posti di lavoro. Per alcuni la valvola di sfogo si chiama export, ma per molte imprese nostre associate si tratta di una chimera. Cercheremo di agevolare gli accordi per aggregare le imprese, condividendo progetti oltreconfine, come stiamo già facendo in questi giorni. Ma, ad esempio, per il settore edile, dobbiamo trovare una risposta anche in casa nostra. Abbiamo a disposizione un patrimonio immobiliare diventato obsoleto nel giro di pochi anni e che dovrebbe essere riqualificiato». E mentre le coop putano proprio a nuove aggregazioni, le Pmi dirigono l’attenzione sull’esito delle procedure concorsuali, dalle quali dipende anche il rientro dei crediti e delle future commesse. «Il mondo delle coop non ci fa dannare - regola il tiro Bezzi dopo le scintille divampate nei mesi passati - ma abbiamo certamente paura che collassi. Dobbiamo quindi riorganizzare il lavoro e le competenze, ricostruendo il rapporto di fiducia a livello locale». Se il perno della crisi ruota attorno all’edilizia, la proposta trainante potrebbe giungere dalle zone del cratere del sisma, dove verrà creato il più grande cantiere d’Italia, con investimenti da 6 a 12 miliardi di euro. «Abbiamo diverse idee per poter tirare il fiato - anticpa Mussini - usciremo allo scoperto nelle prossime settimane».