Gazzetta di Reggio

Reggio

Infiltrazioni mafiose, azienda cacciata

di Elisa Pederzoli
Infiltrazioni mafiose, azienda cacciata

Ricostruzione post sisma: Il prefetto esclude la Bianchini Costruzioni: nei suoi cantieri presenze riconducibili alla ’ndrangheta “reggiana”

03 luglio 2013
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REGGIO EMILIA

Si intreccia a fatti e persone del territorio di Reggio il no del prefetto di Modena, Benedetto Basile, all'iscrizione della società Bianchini Costruzioni Srl di San Felice sul Panaro (Modena) nella “white list”, tappa obbligata per le imprese che operano nel settore edile e che sono impegnate nella ricostruzione post sisma.

Almeno per due ragioni. In primo luogo, la ditta modenese è la stessa finita al centro delle polemiche nel 2012 a Reggiolo per i residui di amianto scoperti nel giardino delle nuove scuole (realizzate dopo il sisma e dove la Bianchini ha eseguito i lavori per conto di Coopsette, titolare dell’appalto). Secondo: nel documento di diniego firmato dalla prefettura modenese – dove si parla chiaramente di “tentativi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata” – i nomi e cognomi che si fanno sono, praticamente, tutti “reggiani”.

Sono tre le ragioni che hanno portato alla risposta negativo del prefetto: alcune assunzioni sospette; la presenza in un cantiere di un pregiudicato, per altro nemmeno dipendente e alcuni rapporti economici con società che ancora si intrecciano con nomi scomodi.

ASSUNZIONI SOSPETTE. Sono sette – lo riporta anche il giornalista de L’Espresso Giovanni Tizian nella sua inchiesta pubblicata ieri – le assunzioni della Bianchini nell’immediato post sisma e finite sotto accusa. Almeno cinque soggetti sono legati a Reggio.

Uno di questi è Gaetano Belfiore, classe 1992 incensurato nato a Guastalla e residente a Brescello. A far discutere sono le sue frequentazioni: agli atti risulta sentimentalmente legato alla figlia 20enne di Nicolino Grande Aracri. Un nome che non ha bisogno di grandi presentazioni: noto come “mano di gomma”, pluripregiudicato, già condannato per associazione mafiosa, é capo dell'omonima cosca ndranghetista. Gaetano Belfiore, tra l’altro, è nipote di Giuseppe Iaquinta (è il figlio della sorella): quest’ultimo era presente alla famigerata cena del 21 marzo 2012 – finita all’attenzione degli investigatori per la partecipazione di persone sospettate di mafia, imprenditori ed esponenti politici – e fu uno dei partecipanti colpiti dal divieto di detenere armi e munizioni emesso dal prefetto di Reggio Antonella De Miro. Dipendenti di Bianchini, nel periodo immediatamente dopo il terremoto, sono stati anche Giuseppe Richichi, nato a Crotone nel 1979 e residente a Montecchio, e Graziano Schirone, nato a Manduria in provincia di Taranto nel 1980, anch'esso residente a Montecchio. Entrambi risultano vicini a Michele Bolognino, risiedendo all’indirizzo che risulta essere sede legale della società intestate al figlio dello stesso.

NEL CANTIERE. La presenza di Michele Bolognino in un cantiere di Bianchini a Finale Emilia (avuto in subappalto dalla Cmc di Ravenna), accertato durante i controlli del settembre 2012, sono un’altra delle ragioni addotte dal prefetto per dire no all’iscrizione nella “white list”. Bolognino, classe 1967 originario di Locri (Reggio Calabria) e residente a Montecchio, non risulta dipendente della Bianchini. Perché, allora, era presente in cantiere? Su di lui pesano precedenti per reati per associazione a delinquere di tipo mafioso. Ma anche frequentazioni con personaggi ritenuti affiliati alla consorteria mafiosa calabrese. Risulta aver lavorato per Nicolino Sarcone, ritenuto referente della cosca Grande Aracri nel Reggiano condannato recentemente per l’inchiesta Edilpiovra.

GLI AFFARI. Il prefetto di Modena mette sotto accusa anche le relazioni economiche di Bianchini. Nello specifico con Virginio Villani, gualtierese, socio, assieme al crotonese Antonio Muto (classe 1971), della Ma.Vi Srl. Anche in questo caso, si parla di frequentazioni e legami con personaggi ritenuti contigui alle consorterie. Ma si fa riferimento anche a una condanna del 2011, in corte d’Appello a Bologna, per Villani per gestione di rifiuti non autorizzata.