Bini: «I primi sospetti alla Tav»
L’ex presidente: «Segnalai il trasformismo di ditte di trasporto in odore di mafia»
REGGIO. Ma qual è la segnalazione fatta nel 2010 da Enrico Bini – allora presidente della Camera di commercio – che ha portato all’arresto di tredici persone in odore di ’ndrangheta? Quel qualcosa di losco che l’aveva colpito l’ha spiegato lui stesso ieri, incontrando i cronisti: «E’ stato ai tempi della realizzazione della Tav, che seguivo per Transcoop: provvedimenti prefettizi estromettevano alcune ditte per collusioni con la criminalità organizzata, ma poi vedevo i loro mezzi, stessi camion, stessa targa ed anche stessi autisti, tornare qualche giorno dopo in cantiere con il nome di aziende diverse».
Come mai tutto questo? «Il problema di fondo – prosegue Bini – risiede nel fatto che queste aziende risultano iscritte alle Camere di commercio di province del meridione, pur lavorando al nord. Di conseguenza, invece di comunicare l'avvenuto cambio, le ditte restano sospese in una sorta di limbo: al sud non ci sono fisicamente, al nord non le conosce nessuno». Così facendo, le imprese hanno diritto a una serie di vantaggi, conseguiti ingiustamente, come contributi statali, studi di settore più vantaggiosi, cuneo fiscale e Irap con sgravi per i lavoratori, potendo così evadere le imposte regionali. «Per fronteggiare questa deriva - conclude – nel 2010 era stato creato nel settore degli autotrasporti un osservatorio. E' tuttavia impensabile sperare di arginare il problema senza che le Camere di commercio lavorino in rete. Quello su Reggio è un progetto pilota, molto valido, ma dovrà essere sposato anche dalle altre realtà per essere davvero efficace».