'Ndrangheta : altre perquisizioni, parte l'inchiesta-bis
Reggio. Blitz nella Bassa, trovati documenti scottanti. Il boss Michele Pugliese citato direttamente in tre interdittive antimafia
REGGIO
Il duro colpo alla criminalità organizzata marchiata ’ndrangheta – fra Emilia e Calabria – non si è chiuso con il blitz di mercoledì.
L’ha rivelato ieri mattina il colonnello Paolo Zito (comandante provinciale dei carabinieri) che ha sottolineato, nella conferenza-stampa tenutasi nella caserma di via Cairoli, come le ultime perquisizioni fatte in case ed aziende nella Bassa (Gualtieri e Guastalla nel mirino)e a Isola Capo Rizzuto (Crotone) abbiano fatto emergere copioso materiale documentale che può risultare utile ad aprire un nuovo filone investigativo. Insomma un nuovo piano di battaglia contro le infiltrazioni mafiose calabrsi, a cui il colonnello Zito associa un’amara considerazione: «Alla 'ndrangheta sono state offerte e date sponde da parte di alcuni reggiani. Hanno accettato di fare affari con questa criminalità, e qualcuno, quando poi si è trovato in difficoltà, ma solo allora, ha fatto denuncia. La denuncia che ha fatto Enrico Bini, come presidente della Camera di Commercio – sottolinea il comandante provincialie dell’Arma che ha non a caso al suo fianco proprio lo stesso Bini – è invece diversa: è l'unica che sia arrivata, in forma così evidente, da un ente importante». Sempre il colonnello ha voluto sottolineare che, dalla conclusione di questa clamorosa inchiesta, bisogna partire per rilanciare un impegno comune contro la criminalità organizzata. «Intanto a Reggio – rimarca – sono stati firmati importanti protocolli contro le infiltrazioni mafiose, ma non devono restare parole sulla carta: bisogna applicarli, fare in modo che restino operativi». E il discorso scivola velocemente sulle denunce che su questo “terreno” certamente ancora non abbondano: «Bisogna incentivare denunce e segnalazioni dei cittadini – auspica Bini, lanciando un appello che fa il paio con quello di recente lanciato dal pm Maria Rita Pantani relativamente alla piaga dell’usura nel Reggiano – perché da sole le forze dell’ordine non ce la fanno. Serve un impegno di rete, una collaborazione che non si fermi solo a Reggio. Le province vicine, infatti, stanno facendo ancora meno di noi e alcuni appartenenti alle cosche hanno deciso di operare in queste province. In Camera di commercio è stato creato un apposito sportello anti racket ed usura che assicura il totale anonimato e qualcosa si sta muovendo. Però è ancora poco».
«Reggio è comunque capofila e punto riferimento nazionale – aggiunge Zito – nell'impegno di enti ed istituzioni pubbliche nella lotta contro le infiltrazioni mafiose. E questo a partire dalle interdittive emesse dal prefetto Antonella De Miro, che stanno facendo scuola in tutta Italia. Interdittive, che hanno suscitato malumori e reazioni contrarie, ma che hanno un ruolo importantissimo, riconosciuto».
Una sottolineatura che porta al nome di Michele Pugliese (considerato figura cardine dell’inchiesta in corso) che compare – indirettamente – in ben tre interdittive prefettizie emesse contro altre persone. Andando in ordine di tempo, nell’interdittiva del febbraio 2013 il boss (ritenuto artefice della pax mafiosa fra i contrapposti clan Grande Aracri e Nicoscia da una parte e degli Arena e Dragone dall’altra) viene citato come contiguo con una famiglia cutrese operativa però a Gualtieri nel campo dell’autotrasporto. Nell’interdittiva del maggio 2013 Pugliese viene indicato come in rapporti con una ditta con sede a Montecchio. Infine nell’interdittiva del novembre 2013 lo si indica per i suoi viaggi a Reggio per riscuotere anche ingenti somme di denaro da imprenditori amici.
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