Gazzetta di Reggio

Reggio

«Se non paghi tiro fuori il revolver...»

di Tiziano Soresina
«Se non paghi tiro fuori il revolver...»

Silipo, a Parma, nei guai per estorsione. Il 43enne zitto davanti al gip, parla invece un indagato: «Sono solo un fornaio»

3 MINUTI DI LETTURA





Mentre ieri mattina, in carcere a Parma, l’imprenditore edile e dei trasporti Antonio Silipo (accusato di usura ed estorsione nell’ambito di due inchieste diverse) decideva di rimanere muto davanti al gip Alessandro Conti, contemporaneamente – sempre a Parma – di lui hanno parlato eccome i carabinieri (alla presenza di esponenti dell’Antimafia che hanno intrecciato le loro indagini con quelle dell’Arma) relativamente all’inchiesta d’oltre Enza che riguarda il 43enne residente a Cadelbosco Sopra e da martedì in cella.

Come hanno ricostruito ieri i carabinieri, Silipo – come titolare della “SFL escavazioni e trasporti “– sosteneva di avere un credito di 27mila euro nei confronti di una società di trasporti di Parma, che però era in stato prefallimentare. E l’imprenditore d’origine cutrese non sarebbe andato per il sottile: avrebbe preteso il pagamento di alcuni trasporti effettuati per conto della ditta di Parma e si sarebbe presentato con una pistola alla cintola (poi rivelatasi ad aria compressa, sprovvista del tappo rosso), facendo capire, mimando il gesto, che l’avrebbe usata se fosse stato necessario. Silipo avrebbe poi costretto l’imprenditore a cedergli due mezzi intestati alla società sull'orlo del fallimento, un semirimorchio e una motrice Mercedes (del valore complessivo di 18-22mila euro, che Silipo avrebbe però sottostimato in 15mila euro). Il cutrese avrebbe condotto l’imprenditore dal notaio per il passaggio di proprietà, per poi fargli anche riscuotere quattro assegni per un valore di 6mila euro. L’imprenditore parmigiano, ormai in uno stato di prostrazione, era finito anche in ospedale per la tensione accumulata. Silipo gli avrebbe detto di non denunciare nulla perché sapeva dove andarlo a cercare e avrebbe fatto riferimento alla conoscenza di "amici particolari", un riferimento, probabilmente ad esponenti della malavita calabrese. Alla fine la vittima si è rivolta ai carabinieri di Parma, facendo scattare l’inchiesta. A Reggio, invece, Silipo è indagato (il pm Maria Rita Pantani coordina l’inchiesta della Finanza) perché avrebbe chiesto ad una professionista, a fronte di un prestito di 10mila euro, interessi del 511%. Come detto ieri l’imprenditore s'è avvalso della facoltà di non rispondere. Gli avvocati difensori Giovanni Tarquini e Luca Mistrorigo hanno preso questa decisione vista la mole di atti, fra le due inchieste, da visionare e il poco tempo a disposizione per approfomdire adeguatamente le accuse. Hanno comunque chiesto la sostituzione del carcere con una misura cautelare meno afflittiva e sul punto il gip Conti si è riservato.

In tribunale a Reggio sono stati invece interrogate dal gip Antonella Pini Bentivoglio le due persone – con l’obbligo di firma – accusate di concorso morale in usura, in quanto si sarebbero mosse dentro due società dietro cui vi sarebbe sempre Silipo. Il 62enne Luigi Cagossi (difeso dal legale Claudio Boccaletti) ha detto di essere un semplice fornaio che aveva accettato, per campare, di divenire l’amministratore della “Cavalleria srl” (ditta di import-export che si occupa di terreno) dietro al compenso di 500 euro mensili da parte dello stesso Silipo. Ha rimarcato di non sapere nulla di prestiti ad usura, men che meno degli affari della ditta, in quanto veniva tranquillizzato dall’impiegata che gli parlava di fatture emesse a fronte di regolari contratti.

Invece l’imprenditore 40enne Omar Costi s’è avvalso della facoltà di non rispondere. Per lui replica alle accuse il fifensore Loborio Cataliotti: «Non c’entra nulla, non è un prestanome di Silipo, abbiamo già presentato ricorso al Riesame».