Inquilini sfrattati, «ma non sono furbetti»
L’assessore Sassi: capita che il reddito aumenti e non sia più compatibile con gli alloggi popolari
«Non si tratta di furbetti, ma di persone che hanno visto migliorare la loro condizione economica e patrimoniale e, di conseguenza, si è avviata la procedura per allontanarli dalle case popolari dove fino ad oggi hanno vissuto».
Matteo Sassi, assessore al welfare, si riferisce alle famiglie che sarebbero state in questi giorni “pizzicate” e quindi sfrattate in quanto il loro reddito non sarebbe compatibile con i “tetti” posti dall’Acer.
Quattro i casi. Un cittadino con reddito Isee di quasi 90mila euro con alloggio in una casa popolare di via Manara; altri tre nuclei familiari con redditi minori ma sempre oltre il “tetto” massimo in via Mascagni, in via Folloni e in Piazza Stranieri. Ma ora cosa succederà a queste famiglie?
«Ogni anno - spiega l’assessore Sassi - per avere diritto a un alloggio popolare un cittadino deve presentare ad Acer la dichiarazione Isee. Nel caso di queste famiglie si tratta di persone che nell’anno considerato hanno visto aumentare il loro reddito e, di conseguenza, non rientrando più nei parametri richiesti da Acer sono destinati ad essere allontanati dalle case popolari in cui hanno vissuto. La procedura in questi casi è partita - continua Sassi - ma non è detto che si concluda necessariamente con uno sfratto. In questi casi, infatti, l’inquilino può presentare un’istanza nella quale dimostra che, nell’anno successivo a quello dell’accertamento, il suo reddito è rientrato nel limite per la permanenza. In questo caso, il Comune provvederà a revocare il provvedimento di decadenza».
Ma su un punto l’assessore al welfare vuole essere chiaro: «L’assegnazione di una casa popolare, in quanto servizio pubblico, non è a tempo indeterminato. E fortunatamente è così. E’ fisiologico e auspicabile che all’interno degli alloggi popolari si assista ad una rotazione di chi ne usufruisce».(c.c.)