Gazzetta di Reggio

Reggio

TRAGEDIA A SCANDIANO Spara al figlio in ospedale e poi si uccide

di Elisa Pederzoli
TRAGEDIA A SCANDIANO Spara al figlio in ospedale e poi si uccide

Enrico Degani 66enne pensionato ha freddato Andrea, 35 anni, mentre era nel suo letto d’ospedale nel reparto di Medicina, poi ha rivolto la pistola verso se stesso e l'ha fatta finita

18 aprile 2014
3 MINUTI DI LETTURA





SCANDIANO (REGGIO EMILIA)

Un colpo dopo l'altro. Due spari a distanza ravvicinata. Neanche il tempo di capire, di fare qualcosa. Di fermare quella mano che preme il grilletto. La tragedia irrompe così, un giovedì sera come tanti nel reparto di Medicina, al secondo piano dell'ospedale Magati di Scandiano. E parla di un padre che punta la pistola prima verso il figlio, ricoverato in quel letto di degenza. Per ucciderlo. E poi verso di sè, per farla finita. Sono Andrea Degani 35 annni ed Enrico Degani, 66 anni, di San Faustino.

GLI SPARI. Sono le 20.30 quando il silenzio è squarciato da un suono sinistro e violento. Il reparto è pieno di parenti in vista ai loro cari ricoverati. Andrea Degani da qualche giorno è ricoverato in Medicina. Sulla cartella clinica si parla di problemi di diabete. La sua storia, però, racconta anche di problemi di tossicodipendenza. Di un difficile percorso per cercare di venirne fuori. Di un ricovero recentissimo in una comunità. E della scelta, infine, di allontanarsi da quel luogo di recupero. Ieri sera avrebbe dovuto essere dimesso. Doveva solo attendere l'arrivo del padre, Enrico pensionato 66enne, che lo venisse a prendere. Quando l'uomo arriva, però, l'epilogo è diverso. Imprevedibile.

Enrico Degani entra. Nella stanza dove è ricoverato il figlio c'è anche un anziano signore, dorme, non è coscente. Accanto a lui la persona che lo assiste. E' lei la prima a urlare, a chiedere aiuto. E' lei l'unica testimone della tragedia: vede il pensionato estrarre la pistola e sparare. Poi andare verso il bagno e sparare ancora. Verso se stesso.

LE URLA. Sono attimi concitati. Di disperazione e incredulità. Il suono sinistro dei colpi di pistola lo sentono tutti nel reparto. Come sentono le urla della donna. Ma tutto si è già consumato. Tutto è già irrimediabilmente accaduto. Dal Magati parte la chiamata al 112. Omicidio-suicidio è la prima comunicazione. La stanza è un lago di sangue, agli occhi dei primi soccorritori. Ma per Andrea Degani e per il padre Enrico non c'è niente da fare. Inutile ogni tentativo per cercare di rianimarli. Tocca ai carabinieri della tenenza di Scandiano procedere con i primi accertamenti. Cercare nelle parole dei testimoni una verità che ancora sfugge. E sempre a loro tocca allertare la famiglia dei due uomini: la madre del 35enne nonché moglie del pensionato e l'altro figlio, Stefano, con il quale Andrea fino a poco tempo fa ha gestito un bar in via Martiri di Cervarolo, a Reggio.

LE INDAGINI. E' passata poco più di un'ora quando i famigliari arrivano. A stringerli in un cordone di conforto sono gli stessi militari. Li portano nel reparto. Raccontano loro quello che è successo. Nei loro racconti cercano una spiegazione. Al Magati intanto accorrono anche i dirigenti dell'Ausl. E' Antonella Messori, direttore del presidio ospedaliero, a parlare. Poche parole per conferarmare l'accaduto: «Ora i carabinieri stanno svolgendo tutti gli accertamenti necessari». Nel reparto arrivano anche i militari che si occupano dei rilievi scientifici. Per spostare le salme si attende il nulla osta del magistrato. Quello che emerge è che la pistola utilizzata per l'omicidio-suicidio era regolarmente detenuta dal 66enne. Per il resto, per conoscere e ricostruire i contorni di una tragedia familiare le cui radici forse sono lontane, ci sarà tempo appena farà giorno.