Gazzetta di Reggio

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Duplice omicidio, impugnata la sentenza

di Tiziano Soresina
Duplice omicidio, impugnata la sentenza

Campegine: per il pm è esigua la pena di Rizzi a 21 anni. «Non è semi infermo di mente, premeditò gli spari per futili motivi»

19 aprile 2014
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CAMPEGINE. Troppo pochi ventuno anni di carcere per uno come il 73enne Alessandro Rizzi – per tutti, in paese, il “Ghibla” – che nel primo pomeriggio del 15 giugno di due anni fa terrorizzò il centro di Campegine e che solo per l’intervento dei carabinieri non andò oltre nel seminare morte (due le vittime, la russa 43enne Alena Tyutyunnikova e il 44enne Fabio Artoni) e spari (ferì il 51enne Pasquale Verde).

Dopo aver studiato le motivazioni della sentenza emessa dal gup Antonella Pini Bentivoglio), il pm Maria Rita Pantani l’ha impugnata e si riparlerà in Appello a Bologna di quelle tragiche ore.

Un “attacco” alla sentenza di primo grado che si fonda su due aggravanti del duplice omicidio (futili motivi e premeditazione) e sui dubbi che il magistrato inquirente avanza relativamente alla perizia psichiatrica che ha concluso per la semi-infermità di mente dell’assassino.

Per quanto concerne le aggravanti, il pm Pantani le ritiene decisive per “inquadrare” correttamente la vicenda. I futili motivi vengono connessi (facendo riferimento alle testimonianze) sia all’omicidio della badante nell’auto (Rizzi sparò quando lei lo derise, commentando un pesante apprezzamento ad alta voce fatto da alcuni nomadi sulla donna stessa) sia agli spari ad Artoni nel bar Snoopy (perché “Ghibla” non sopportava più gli sfottò del venditore di bibite per la chiacchierata storia sentimentale dell’anziano assassino con la ben più giovane badante russa). Il sostituto procuratore ritiene indiscussa anche la premeditazione: Rizzi, la notte prima degli spari, scrisse in un biglietto che voleva uccidere Artoni e poi la badante russa, inoltre quel giorno uscì di casa armato e attese per ore davanti al bar il 44enne, tornando anche indietro una volta avergli sparato, per dargli con ferocia il colpo di grazia. Due aggravanti che per il pm Pantani – alla luce dell’efferatezza del duplice delitto e del tentativo dell’omicida di ridimensionare quanto commesso – non possono cadere di fronte alla parziale infermità di Rizzi. Ed anche sul vizio parziale di mente chi ha svolto le indagini ha molto da ridire, ritenendo non provata la conclusione dei periti: poche visite a Rizzi, i risultati dei test basati solo sulle parole dell’assassino, la mancanza di certezze scientifiche sull’esito della risonanza magnetica dell’encefalo di “Ghibla”, la sottolineatura che, prima del raptus omicidida, all’ultrasettantenne non vennero mai riconosciute patologie mentali e non fu mai curato da strutture psichiatriche.

In primo grado il pm Pantani aveva chiesto la condanna all’ergastolo.

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