Il gesto di disperazione del padre malato grave
Divorato dal tumore, ha trascinato nella morte il figlio tossicodipendente Le indagini della procura vanno verso l’ipotesi di un “suicidio allargato”
SCANDIANO (REGGIO EMILIA)
Spari che affondano nella disperazione familiare: il padre Enrico gravemente malato e atteso dall’ennesimo ciclo di chemioterapia perché il tumore si è ripresentato come gli avrebbero riferito i medici, il figlio Andrea che non riesce da anni ad uscire dal tunnel della tossicodipendenza ed è in ospedale al Magati perché deve lottare anche contro il diabete.
E’ questo il contesto in cui è maturata la tragedia che ha colpito la famiglia Degani e ieri – in tribunale a Reggio – il procuratore capo Giorgio Grandinetti e il sostituto procuratore Piera Cristina Giannusa (titolare dell’inchiesta) lasciano intendere, incontrando i cronisti, che si possa trattare di quello che tecnicamente viene indicato come “suicidio allargato”, ad opera di un padre che, divorato dalla malattia e preoccupatissimo per le condizioni precarie del figlio, ha voluto farla finita portando con sè il 35enne che, senza di lui, sarebbe stato ancora più martoriato dalla vita. Un pensiero delirante, nemmeno accennato alla moglie e non messo nero su bianco in una lettera d’addio, ma per la procura questo è il possibile movente. La storia cupa di una famiglia dilaniata, di depressione, ma non certamente un giallo per chi indaga per omicidio premeditato (il padre s’è portato da casa la Beretta 7,65 semiautomatica con cui ha sparato due volte) e che la morte del reo farà chiudere in fretta questo fascicolo.
Convincimenti maturati anche analizzando quanto ha raccontato agli inquirenti l’unica testimone, cioè la figlia dell’anziano che divideva la camera ospedaliera con il 35enne.
La donna ricorda che giovedì sera – in pieno orario di visita – la conversazione tra padre e figlio, dai quali era separata da una tendina che divideva i due letti di degenza, non ha mai assunto i toni di un litigio. Anzi, più che un colloquio si è trattato di un triste monologo di Andrea (la testimone ha udito raramente la voce del padre): il giovane, pacatamente, si lamentava dei propri problemi, ai quali si era aggiunto anche il diabete per il quale si trovava ricoverato nell'ospedale scandianese, e dal quale sarebbe stato presto dimesso.
Si rendeva conto di essere un problema, una volta rientrato a casa e aveva espresso tutto il suo malessere al padre. Poi, all’improvviso, lo sparo, preciso, in testa. Dal letto del figlio, l’omicida si è velocemente spostato in bagno e pochi istanti dopo si è sparato alla testa.
Oggi il pm Giannusa incontrerà il medico legale per valutare il da farsi sul piano degli accertamenti sui due cadaveri (al momento conservati nelle celle frigorifere dell’istituto di medicina legale di Modena), inoltre saranno analizzate le cartelle cliniche relative al padre per trovare conferma sulla gravità della malattia che l’affliggeva.
Saranno incrociati altri dati : la presenza di polvere da sparo sulla mano del 66enne, gli esami sulla pistola.
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