Gazzetta di Reggio

Reggio

«Andrea mi disse: aiutami ad uscirne»

di Elisa Pederzoli
«Andrea mi disse: aiutami ad uscirne»

De Pietri (Comitato Antidroga) incontrò il 35enne poche ore prima dell’omicidio per parlare del suo percorso di recupero

21 aprile 2014
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SCANDIANO. «Ho visto Andrea quattro ore prima della tragedia: era deciso, determinato a ricominciare il percorso per uscire dalla droga. Poi, purtroppo, è successo quello che è successo».

Loris De Pietri è il presidente del Comitato Cittadino Antidroga, uno dei punti di riferimento a Reggio per chi ha problemi di tossicodipendenza e cerca una mano per uscirne. Andrea Degani – il 35enne di San Faustino ucciso dal padre, gravemente malato e poi suicida, nella stanza dell’ospedale di Scandiano dove era ricoverato giovedì sera – lo conosceva bene: forse, è stata una delle ultime persone che lo è andato a trovare, il giorno in cui il genitore ha deciso per entrambi di farla finita.

«Questo mese lo avevo sentito il 7 di aprile – racconta De Pietri – Mi aveva chiamato lui e mi aveva detto: Loris aiutami, perché ci sto ricadendo. Mi aveva detto che voleva uscire dalla tossicodipendenza, che aveva fatto tante esperienze, ma che adesso basta, era determinato a farcela. Lo avevo accompagnato in associazione, gli avevamo fatto la scheda, gli avevamo fissato un appuntamento per un colloquio in una comunità nel Bresciano che ha aiutato tanti dei nostri ragazzi. E, con la Papa Giovanni XXIII, nell’attesa lo avevamo messo in un alloggio protetto».

Un’esperienza, però, che era durata poco. Dopo qualche giorno Andrea aveva mollato. Si era allontanato da quell’appartamento e si era rifugiato in un ostello. Dove, a un certo punto, lo aveva sorpreso la crisi glicemica che lo aveva fatto finire in ospedale a Scandiano.

«Lunedì mi ha richiamato e giovedì lo sono andato a trovare al Magati – continua De Pietri – Stava bene. Era tranquillo. Mi ha ribadito che era deciso a venirne fuori, mi aveva chiesto di andare avanti con il programma. Io gli ho fatto notare che non era tanto credibile: lo aveva promesso tante volte e poi aveva sempre mollato. Ma lui aveva assicurato di sì, che stavolta era diverso. In attesa delle procedure per entrare in comunità, dovevamo trovargli un posto dove stare, dato che il giorno dopo sarebbe stato dimesso. Lui voleva andare a casa, diceva che lì non avrebbe sgarrato. Era pronto a firmare il “contratto”, un foglio che facciamo scrivere in questi casi, in cui ci si deve impegnare a rispettare delle regole». «Diceva che non avrebbe dato fastidio a nessuno, che si sarebbe alzato tutte le mattine alle 7, che avrebbe aiutato – prosegue – Avevamo chiamato la madre al telefono. Le aveva detto: se sgarro anche a solo una delle regole, mi potete buttare fuori. Ne avrebbe dovuto parlare col padre e il fratello. Eravamo rimasti d’accordo che ci saremmo risentiti appena una decisione fosse stata presa. Sembrava che tutto sarebbe andato per il meglio». Invece, la telefonata di quella notte raccontava un’altra terribile, dolorosa verità. «Purtroppo è andata in modo diverso» e la voce di De Pietri tradisce l’emozione.

A decidere è stato un gesto che Enrico Degani, probabilmente, aveva maturato già da qualche giorno.

«Non sappiamo se stavolta Andrea ce l’avrebbe fatta o se avrebbe mollato ancora – conclude – Di certo, per i genitori è durissima. Si avviliscono, sono preda dei sensi di colpa, si chiedono dove hanno sbagliato. Ma la colpa non è loro, la colpa è della droga».