Gazzetta di Reggio

Reggio

"E' terribile incontrare l'omicida di mio figlio"

di Tiziano Soresina
"E' terribile incontrare l'omicida di mio figlio"

Si sfoga la madre dell'operaio che morì 11 giorni dopo essere stato colpito da un pugno in via Emilia Ospizio 

22 aprile 2014
3 MINUTI DI LETTURA





REGGIO EMILIA

«E’ terribile, da più di sette mesi vedo quasi quotidianamente girare liberamente l’uomo che ha ucciso il mio Marco. Per una mamma è una sofferenza troppo grande ritrovarselo davanti».

Parole, fra le lacrime, di una madre – Edmea Bigi – che dal 9 settembre scorso sta vivendo un autentico incubo.

Quella maledetta sera, nei pressi di un bar di via Emilia Ospizio, il figlio 53enne Marco Davoli cadde a terra colpito da un pugno (come ha poi ricostruito la procura) battendo pesantemente la testa contro il cordolo di un marciapiede.

Un forte trauma cranico che gli fece subito perdere conoscenza, poi undici lunghi giorni in un letto del reparto di Rianimazione dell’ospedale Santa Maria Nuova nella speranza di un risveglio dal coma che, purtroppo, non arriverà mai. All’undicesimo giorno dal fattaccio arriva la morte.

Chi ebbe con Davoli quella tragica discussione davanti al bar – il 32enne Algenis Favia, originario della Repubblica Dominicana – non sarà subito identificato, perché in sella alla sua bicicletta aveva lasciato precipitosamente la zona. Una fuga per cercare di farla franca o solo la reazione di una persona spaventata? Comunque sia, i due si conoscevano e la pressione investigativa della Mobile si farà nei giorni successivi pressante sulla comunità caraibica – anche tramite alcune testimonianze – fino a che il 32enne decide di costituirsi in questura.

Poco dopo in via Dante arriverà l’avvocato difensore Vainer Burani, perché il giovane viene subito seguito dagli inquirenti.

L’inchiesta, con il decesso dell’operaio metalmeccanico dal passato pure di pugile, vira ben presto verso l’accusa di omicidio preterintenzionale, con gli esiti dell’autopsia che arriveranno a supporto nei mesi successivi.

Il dominicano rimane dal settembre scorso indagato a piede libero ed è per questo che la madre della vittima l’incontra a più riprese.

Ora l’inchiesta della squadra mobile – coordinata dal pm Valentina Salvi – si è conclusa, con la richiesta di rinvio a giudizio per Favia che presto dovrà difendersi – in un’auladel tribunale – dall’accusa di omicidio preterintenzionale.

La famiglia Davoli in questi sette mesi si è rivolta all’avvocato Giovanni Tarquini per tutelarsi: avrebbe voluto vedere in carcere il 32enne che ritengono la causa di tutto, ora vogliono avere giustizia dal processo in cui si costituiranno parte civile. Il 53enne, oltre alla mamma e al fratello Luca, ha lasciato nella disperazione anche la compagna e due figli.

«Vi sono due testimonianze che indicano chiaramente come Davoli sia stato colpito da un pugno per poi stramazzare al suolo – rimarca l’avvocato Tarquini – inoltre l’autopsia indica la presenza di un’ecchimosi sotto l’occhio da contatto violento».

Da parte sua il dominicano, tramite il difensore Burani, replica alle accuse – con quest’imputazione rischia fra i 10 e i 18 anni di carcere – negando l’aggressione ed inquadrando il tutto in una semplice discussione.

«Il mio assistito era stato provocato, Davoli quella sera era ubriaco e gli aveva addirittura scoppiato in faccia un preservativo. Il pugno? Tutt’al più una manata e l’imputazione di omicidio preterintenzionale è tutta da discutere».

Il processo dovrà chiarire perché i due litigarono fuori dal bar: prima fra i tavolini della distesa, poi nel porticato che dà sul retro del locale pubblico.

Un possibile movente potrebbe essere la sparizione di 400 euro, frutto di una vincita al videopoker che Davoli si era intascato, ma che quando era stato soccorso non aveva più.

Subito dopo il fatto, sul posto erano piombate le volanti: a dare una prima testimonianza dell’accaduto erano state due donne e un ragazzo, figlio di una delle due donne. I tre dominicani erano in compagnia di Davoli. Col passare delle ore sarano raccolte altre testimonianze.

L’esito dell’autopsia ha – secondo il pm Salvi – collegato quanto avvenuto quella sera con la morte dell’operaio.

Codice alla mano, in questo specifico reato il nesso di causalità dev'essere accertato con particolare rigore, dovendosi attribuire la responsabilità dell'evento-morte all'autore di un atto sensibilmente meno grave.

L’esame autoptico, eseguito dal dottor Nicola Cucurachi dell’Università di Parma, era stato seguito anche dal consulente nominato dalla famiglia Davoli, cioè il medico legale Paolo Delia.

Ora la parola passa all’aula, in un clima di grande sofferenza per le due famiglie coinvolte in questa delicata vicenda.

©RIPRODUZIONE RISERVATA