Gazzetta di Reggio

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«La vera emergenza del quartiere sono i senzatetto»

«La vera emergenza del quartiere sono i senzatetto»

Elena Torelli e Sandra Canovi del Centro di mediazione «Qui il dialogo tra le diverse etnie è da anni una realtà

22 aprile 2014
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REGGIO. «Bisogna sconfiggere la sindrome dell'uomo nero, quella per cui quando vedi più di due extracomunitari insieme ti sembrano malintenzionati e ti fanno paura».

È con queste parole che Elena Torelli, responsabile del Centro di mediazione, e Sandra Canovi, responsabile del Cafèreggio, iniziano a parlare della vita nel quartiere della stazione. «Il Cafèreggio è aperto da cinque anni, ma non abbiamo mai subito furti o atti di vandalismo. E dire che le vetrate sono di plexiglass e c'è una bella televisione in vista. - Afferma Sandra Canovi - E anche se mi capita spesso di chiudere all'una di notte non sono mai stata oggetto di molestie».

«Il vero problema di questo quartiere - aggiunge Elena Torelli - è l'immagine di degrado che emerge dai media locali. Se davvero vogliamo affrontare il tema della prostituzione, occorre ricordare che non c'è offerta dove non c'è domanda.Non ci si può fossilizzare sulle criticità - dice - continuare a ripeterle e a ingrandirle, bisogna pensare al problema in rapporto alle risorse. E questo quartiere di risorse ne ha parecchie: ci sono otto sale prova per chi fa musica; c'è il centro di incontro in via Turri, vicino alla sede della Cisl, usato da diverse associazioni della città, per esempio per corsi di italiano a stranieri; c'è lo sportello degli avvocati di strada; c'è il gruppo "Raga" che promuove attività per i ragazzi tra i 14 e i vent'anni; ci sono attività a 360 gradi per chiunque voglia partecipare. Lo stesso CafèReggio è nato per rendere più viva questa zona. Un tempo qui c'era un parcheggio, adesso invece la gente può incontrarsi e trascorrere ore piacevoli insieme. E il progetto della piazza è stato sviluppato proprio dai ragazzi dello Spazio Raga».

«Questa piazza non è solo luogo di animazione ma anche esempio di convivenza - aggiunge Sandra Canovi - e bisogna ammettere che è molto più frequentata di quelle del centro storico. Mentre i cinesi fanno ginnastica, si riunisce il gruppo ghanese, quello nigeriano, e così via. E in più vengono gli anziani, tutti reggiani. È bello vederli giocare a carte con un giovane tunisino o con una ragazza cinese: davanti al gioco spariscono tutti i problemi, anche quello della lingua».

Ma per qualcuno i problemi principali del quartiere sono causati proprio da questo vivace e colorato meltin'pot. «A chi si riferisce a questa zona con il termine di "ghetto" chiedo: anche i quartieri i cui residenti sono quasi tutti italiani sono ghetti? - provoca Elena Torelli - In questo quartiere convivono circa 13 nazionalità diverse eppure in un anno le risse sono state tre, al massimo quattro, purtroppo molto ingrandite dalla stampa. Quello che stiamo sperimentando, nel quartiere della stazione, è che nella differenza oltre al "problema" ci può essere una risorsa. Dove non arrivo io arrivi tu, ecco la molla che fa scattare il cambiamento. Le nuove idee si creano solo con l'incontro di differenze». «Questo quartiere - aggiunge Sandra Canovi - è molto più vivo, e vissuto, degli altri di Reggio. Proprio qui al CafèReggio, per esempio, abbiamo organizzato decine di serate narghilè, a cui hanno partecipato tutti i residenti, stranieri e non. E non si è verificato nemmeno un episodio di violenza. Proprio in questi mesi, poi, alcuni abitanti del quartiere hanno avuto l'idea di proiettare le partite dei mondiali di calcio su un maxischermo in piazza. Nel giro di poco tempo si sono fatti avanti i residenti di tutte le nazionalità, e adesso stiamo organizzando un vero e proprio "Vuvuzela Festival". Il bello è che questa proposta è nata da loro, noi abbiamo solo fatto da collettore e abbiamo messo a disposizione lo spazio e le attrezzature del caffè».

«Il problema più grosso del quartiere, - interviene Elena Torelli - ma che riguarda anche le altre parti di Reggio, è quello dei senzatetto. Basti pensare che in tutta la città sono aumentati in un anno del 300 percento. Tutti sanno che molte persone in difficoltà di notte vanno a dormire alle Reggiane. Qualcuno, preso dalla disperazione, si rifugia anche nelle cantine dei condomini. Bisognerebbe smettere di tapparsi gli occhi di fronte al problema e iniziare ad affrontarlo seriamente. Sono anni che il Centro di mediazione chiede al Comune di aprire una struttura che possa ospitare queste persone, e forse qualcosa si smuoverà. Molto spesso si tratta di immigrati che sono venuti in Italia per lavorare, magari hanno lavorato dieci-vent'anni, versando contributi e favorendo la nostra economia, e adesso hanno perso il lavoro e si trovano per strada. Non solo non hanno migliorato la loro vita, non solo hanno vissuto un fallimento enorme, ma hanno anche perso tutto quello che hanno lasciato venendo via dal proprio paese». (m.r.)

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