Gazzetta di Reggio

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Le nostre conquiste, tutte da difendere

di LUCIANO SALSI
Le nostre conquiste, tutte da difendere

Giacomo Notari, presidente dell’Anpi: «Cambiano tempi ma i valori della Resistenza restano eterni e attuali»

23 aprile 2014
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di LUCIANO SALSI

Giuseppe Dossetti, partigiano e padre costituente, spese gli ultimissimi anni della sua vita, dal 1994 al 1996, a difendere la Costituzione dalla minaccia di pseudoriforme autoritarie. I suoi timori erano così forti da fargli rompere quel voto del silenzio politico a cui si era legato abbracciando, nel 1958, la vita monastica. Vent’anni dopo, mentre ci si prepara a festeggiare il 69° anniversario della Liberazione, i pochi ex-partigiani sopravvissuti mantengono alto il livello d’allarme. Non li preoccupa soltanto l’avanzata dei movimenti populisti o di estrema destra, contro la quale invocano la messa in opera degli “antidoti antifascisti”. Temono anche le insidie insite nei cambiamenti voluti dall’attuale maggioranza. Se ne fa portavoce Giacomo Notari, l’87enne presidente provinciale dell’Anpi, nato e vissuto a Marmoreto di Busana, dove ancora risiede e contribuisce a coltivare il podere della sua famiglia.

Che cosa resta, dopo settant’anni, degli ideali per cui i partigiani presero le armi?

«La Resistenza s’allontana nel tempo, ma i valori che la ispirarono sono eterni e attuali. Passammo da un regime di dittatura e guerra a una situazione di libertà e democrazia sostanziate da conquiste sociali decisive: le pensioni generalizzate, l’assistenza sanitaria, il diritto allo studio. Quelle conquiste devono essere difese».

Il progresso è stato enorme, ma negli ultimi tempi la crisi economica ha fatto arretrare le condizioni dei lavoratori.

«E’ vero. La popolazione non vede certezze. In questa situazione di degrado nascono spinte populiste. Vedo riemergere qualcosa di simile alla crisi che seguì la prima guerra mondiale favorendo l’affermazione del fascismo in Italia e del nazismo in Germania. Perciò lanciamo l’allarme nel documento sugli antidoti antifascisti».

Quindi pensate che sia motivato il vostro impegno per la celebrazione del 25 aprile?

«Sicuramente. Faremo iniziative in tutta la provincia. Metteremo fiori in ogni luogo in cui sono caduti i partigiani. Ricorderemo anche i seicento militari reggiani internati in Germania, che fecero la scelta coraggiosa di preferire il campo di concentramento all’arruolamento nell’esercito fascista».

Pensa che sulla Costituzione incombano ancora i pericoli contro i quali Giuseppe Dossetti mise in guardia gli italiani?

«La Costituzione non è mai del tutto al sicuro. Bisogna vigilare. Perciò l’Anpi, insieme ad altre associazioni, aderisce al Comitato per la difesa della Costituzione, che è la base della nostra vita sociale e politica».

Uno dei principi costituzionali fondamentali è il ripudio della guerra. Le sembra che sia rispettato?

«Non ci sono giustificazioni per le cosiddette missioni di pace. Il bombardamento di Belgrado è stato un’azione vergognosa. Oggi, poi, con tutti i problemi economici e civili che dobbiamo affrontare, non ha senso mantenere tutte queste spese militari. Abbiamo bisogno di altro che degli aerei F35. Ogni giorno la gente chiede lavoro e dignità».

Le pare che la proposta di legge elettorale, l’Italicum, sia coerente con i principi della democrazia?

«Non mi pare. Con un margine del 37% una forza politica diventerebbe maggioranza senza avere i voti reali. Ricordo che nel 1953 i partiti di sinistra fecero una battaglia durissima contro la legge truffa che prevedeva un premio di maggioranza con il 50% più uno. Il Pci, difendendo la democrazia, raccolse i voti di un milione e mezzo di giovani e così impedì che la Dc raggiungesse quella soglia».

Lei quindi è contrario al sistema maggioritario.

«Il sistema proporzionale è un pilastro della democrazia. Nel 1946 fu usato per l’elezione dell’assemblea costituente sulla base di un collegio unico nazionale. Così nessun voto andava disperso. Era il massimo della democrazia».

La maggioranza, però, lo respinge poichè, con il proliferare dei partitini, non garantisce la governabilità.

«Posso capire l’obiezione. Almeno, però, si stabilisca una soglia del 50%, che assomiglia di più alla democrazia. Il 37% è un limite esageratamente basso».

Che cosa pensa della trasformazione del Senato e delle province?

«Sul Senato mi pare che ci sia confusione. La proposta di Chiti mi sembra buona. Il Pd farebbe bene a farla propria o, almeno, a utilizzarla. In quanto alle province, i 3.500 consiglieri provinciali da abolire sono il sale della democrazia. Con la loro soppressione le cose peggioreranno per i piccoli comuni, poichè aumenterà la distanza dai centri decisionali. Se si vuole risparmiare, si prenda l’esempio da noi, che facevamo i consiglieri comunali, in montagna, senza prendere una lira. Io, come sindaco di Ligonchio, non avevo più del rimborso delle spese».

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