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Nicolini, partigiano Diavolo: «Estrema destra favorita da questa situazione storica»

di LUCIANO SALSI
Nicolini, partigiano Diavolo: «Estrema destra favorita da questa situazione storica»

L’ex sindaco di Correggio, 94 anni, ingiustamente incarcerato nel dopoguerra, preoccupato per un’Italia che sembra avere smarrito i valori per cui lottò

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di LUCIANO SALSI

Accade agli ex-partigiani di non riconoscersi nella società in cui viviamo. Il 94enne Germano Nicolini non fa eccezione. Lo dimostra il titolo del suo ultimo libro, pubblicato alla fine del 2012 nella forma di un’intervista a Massimo Storchi: “Noi sognavamo un mondo diverso”.

Eppure il comandante Diavolo (questo il nome di battaglia attribuitogli per una fuga rocambolesca) non si limita a testimoniare platonicamente gli ideali per i quali combattè. La passione civile gli suggerisce le possibili mediazioni capaci di salvare l’essenziale della democrazia e della libertà conquistate grazie alla Resistenza. Nicolini per quarant’anni ha abbandonato la militanza nel Pci, che non lo aveva difeso come avrebbe potuto, pur sapendolo innocente del crimine per il quale subì 10 anni di galera. Nato da una famiglia contadina di tradizione cattolica, aveva partecipato alla guerra come ufficiale dei carristi. Dopo l’8 settembre 1943 si unì ai partigiani e divenne comandante della 77ª brigata Gap, con la quale prese parte alle battaglie di Fabbrico e Fosdondo. Nella primavera del 1946 fu eletto sindaco di Correggio con i voti della sinistra e di alcuni consiglieri democristiani. Il 18 giugno di quell’anno fu ucciso don Umberto Pessina, parroco di San Martino Piccolo. Due dei veri colpevoli, Cesarino Catellani ed Ero Righi, confessarono il delitto ma non furono creduti e vennero condannati per autocalunnia. Le indagini si orientarono su Nicolini. Il Diavolo, condannato insieme a Ello Ferretti e Antonio Prodi, uscì dal carcere nel 1957. Soltanto nel 1990 il suo caso fu riaperto in seguito all'invito (“Chi sa parli”) di Otello Montanari. William Gaiti confessò di avere partecipato all’omicidio insieme a Catellani e Righi. Il Diavolo fu assolto nel 1994. Tre anni dopo gli fu conferita la medaglia d’argento al valor militare. Da allora Nicolini ha visto aggiungersi alla delusione per il comportamento del Pci nei suoi confronti lo sconcerto per la degenerazione del sistema politico.

Qual è ora, a suo avviso, la situazione dell'Italia?

«Abbiamo percorso una strada sbagliata negli ultimi trent’anni, non solo in quelli in cui il paese è stato retto dal centrodestra. Silvio Berlusconi ha trovato un terreno sul quale ha operato portando avanti la cultura del carisma, della personalità, del “tutti facciamo i soldi”. Il sistema dei partiti si reggeva su ideali che si sono sgretolati per strada».

In questo periodo non è franato anche il sistema economico?

«Il debito pubblico ha raggiunto un livello insostenibile. Per sanarlo ci vorrebbe una crescita del Pil paragonabile a quella cinese. Come è possibile che si sia accumulato un debito del genere e nessuno se ne sia preoccupato nel corso degli anni? Sarebbe bastato non chiudere gli occhi. Che cosa hanno fatto i politici che ci hanno amministrato?».

La crisi economica, dopo la prima guerra mondiale, favorì l’affermazione del fascismo e del nazismo. Si ripresenta, oggi, un pericolo simile?

«Indubbiamente viviamo in una situazione che favorisce l’affermazione di movimenti populisti e di estrema d. estra. Oggi, però, la crisi è determinata da un capitale finanziario che circola a velocità inimmaginabile da un capo all’altro del globo. Il controllo delle finanze è indispensabile, ma se ne può occupare efficacemente soltanto l’Onu».

La permanenza nell’euro e la stessa idea d’Europa sono contestate da più parti. Che cosa si può rispondere?

«Si arriva fino all’assurdo di chiedere l'indipendenza del Veneto. Con la globalizzazione l’Europa e l’euro sono indispensabili. Tuttavia si deve correggere l’austerità finora imposta. Oggi Draghi propone duemila miliardi di liquidità, che ci aiuterebbero ad alleggerire il debito».

A lei, che ha unito la formazione cattolica alla militanza comunista, non viene un po’ di speranza da papa Francesco?

«Il Papa ci dà una lezione di socialità, portando avanti le idee di Giovanni XXIII. Purtroppo la Chiesa non ha speso bene i duemila anni della sua storia. Papa Francesco le imprime una svolta, collocandola vicino agli ultimi, ai poveri».

Come giudica la proposta di legge elettorale Italicum?

«Dev’essere cambiata. E’ peggiore della legge Acerbo. Sono favorevole al bipolarismo ma preferisco un sistema francese a doppio turno che consenta di avere una rappresentanza anche con il due o tre per cento».

Approva l'abolizione delle province?

«Non sono contrario, ma si sarebbe dovuto procedere con meno fretta, definendo bene le funzioni dei nuovi organi».

E la trasformazione del Senato?

«Sono d'accordo. Toglierei, però, i ventuno senatori nominati dal Presidente della Repubblica e insisterei per la scelta di persone molto competenti fra i presidenti di Regione destinati a entrare nel nuovo Senato».

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