Prende la moglie a frustate per farla convertire all'Islam
San Polo: condannato a venti mesi un marocchino 36enne che picchiava la consorte, una reggiana di 32 anni , che ha chiesto il divieto di avvicinamento
SAN POLO (Reggio Emilia)
Nella sentenza non ha la mano pesante, ma il giudice Alessandra Cardarelli ha comunque ritenuto provato – ieri in tribunale a Reggio – l’incubo matrimoniale lungo quattro anni descritto da una donna ritenuta “troppo occidentale” e per questo frustata dall’ormai ex marito marocchino di 36 anni. Da qui la condanna del nordafricano a 1 anno e 8 mesi di reclusione (ma con pena sospesa, il che gli evita d’entrare in cella) oltre al pagamento di una provvisionale di 3mila euro all’ex consorte italiana costituitasi parte civile (tramite l’avvocatessa Silvia Angelicchio) e la revoca della misura restrittiva del divieto d’avvicinamento che ha osservato per quasi un anno.
In udienza sono presenti i due ex coniugi (di cui non forniamo le generalità per non violare la privacy della vittima e della figlia di 3 anni) che si sono completamente ignorati e non hanno avuto particolari reazioni dopo la lettura della sentenza. Lui siede a metà aula: è ben vestito, curato, non diresti neppure che è d’origine araba. Lei è carina, indossa graziosi orecchini dorati, tradisce un po’ d’emozione e rimane nella prima fila di banchi a fianco del suo legale.
L’udienza-chiave si è chiusa in un’ora e mezza. Veloci le conclusioni sia del pubblico ministero che dell’avvocatessa di parte civile. L’accusa ha rimarcato che «l’ex moglie è stata precisa nel suo racconto di un rapporto matrimoniale divenuto un calvario ed è emerso il ritratto di una donna plagiata, annullata come persona». Sempre il pm si è poi soffermato sulla mancanza di testimoni relativamente agli atti violenti: «I genitori avevano osteggiato quel matrimonio e lei ha faticato ad aprirsi con loro, le cose sono cambiate quando ha trovato la forza di parlarne con le colleghe e la madre». L’accusa ha infine chiesto la condanna a 2 anni di reclusione (senza pena sospesa), negando la concessione delle attenuanti generiche («Ha picchiato la donna anche quand’era incinta»). Da parte sua la parte civile ha chiesto una provvisionale di 20mila euro, ritenendo confermata la responsabilità penale dell’imputato.
Di diverso avviso l’avvocato difensore Mattia Fontanesi che si è chiesto, ad alta voce, se questo processo si sarebbe tenuto nel caso in cui, in sede di separazione, il suo assistito avesse acconsentito all’affidamento esclusivo della figlia all’ex moglie. «Guarda caso – spiega il difensore – all’inizio dell’iter per la separazione l’ex moglie parla genericamente di atti violenti, poi quando l’affidamento della figlia s’incaglia, arriva la denuncia ai carabinieri di San Polo. Ma il giudice Rosaria Savastano, in sede di separazione, ha probabilmente ritenuto strumentale quella denuncia, visto che il padre può vedere la figlia». Poi l’avvocato Fontanesi rimanda al mittente tutte le altre accuse: «L’ex marito, che è incensurato, non ha negato i litigi, mentre non è provato che si fosse fatto prendere la mano dai videopoker, relativamente agli atti violenti non c’è traccia di cure o di medicazioni al pronto soccorso, solo le parole dell’ex moglie. La conversione alla religione musulmana? Lui non è un musulmano integralista e vive la religione in modo equilibrato». La difesa chiede l’assoluzione, ma non finirà così dopo mezz’ora di camera di consiglio.