Gazzetta di Reggio

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Poletti incoraggia i giovani «Siete il futuro del Paese»

Poletti incoraggia i giovani «Siete il futuro del Paese»

Applausi al ministro del Lavoro, in città per la cerimonia della festa di Liberazione Commozione al discorso del partigiano Lusuardi: «Siamo tanti pronti a lottare»

26 aprile 2014
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REGGIO. «Temevo di essere solo, qui, 69 anni dopo il 25 aprile 1945. Mi sono sbagliato, siamo vivi ancora in tanti e c'è tanta gente in piazza a festeggiare». Brevi e toccanti le parole di Ireo Lusuardi, comandante partigiano in rappresentanza dell'Anpi, durante le celebrazioni istituzionali per la festa della Liberazione ieri mattina in piazza dei Martiri del 7 luglio. «Al ministro Poletti, che è qui con noi chiedo questo: che il prossimo anno, per il 70esimo, ci si possa di nuovo trovare in piazza per festeggiare le riforme indispensabili che ancora il popolo attende. Viva il 25 aprile!».

Ed effettivamente folto era il pubblico, numerose le bandiere tricolori e delle associazioni partigiane, una piazza insomma piena di giovani e meno giovani. Prima dei saluti delle autorità, un lungo corteo con la banda in testa, che partito da via Emilia San Pietro, ha sfilato fino a deporre una corona al monumento ai Caduti della Resistenza proprio in piazza Martiri del 7 luglio.

Un lungo applauso, dunque, al termine del breve discorso di Ireo Lusuardi. La commozione nella sua voce, ma anche fra il pubblico, era evidente. Prima di lui, dal palco delle autorità, le parole del sindaco vicario Ugo Ferrari, del presidente della Provincia Sonia Masini e dell'ospite d'eccezione, il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali (nonché presidente dal 2002 di Legacoop Nazionale e ancora prima di quella emiliano-romagnola) Giuliano Poletti.

Tutti e tre concordi sul ruolo e sul significato della giornata: “La festa della coscienza nazionale e della democrazia” per Ferrari; “la festa del senso di comunità” per Masini; “una giornata che fa guardare al futuro facendo ragionare sul senso di responsabilità, che fa ragionare su quei giovani che nel 1945 misero in gioco, e qualche volta persero, la vita” per Poletti.

L'eco dei tafferugli causati dalla presenza in città, a pochi passi dalla piazza, di Matteo Salvini, segretario della Lega Nord e convinto antieuro, non sembrano colpire pubblico e autorità. Anzi, gli applausi sono assai frequenti.

La seconda guerra mondiale vissuta in Italia come guerra di giovani; prima sui fronti, mandati allo sbaraglio dalla dittatura fascista, poi la Resistenza sui monti e le guerriglie nelle città. «Sono nei giovani che fecero la Resistenza i valori della Reggio solidale» dice Ferrari e Poletti aggiunge: «In quei giorni i giovani non delegarono a nessun altro, si misero in prima fila, non ebbero paura di rischiare tutto ciò che era rimasto di caro. Ogni italiano dica oggi, come dissero allora, io sono un pezzo del futuro, ogni italiano dia l'esempio». Un 25 aprile chiuso, come si diceva, da Ireo Lusuardi, da qualche ricordo personale e dal suo appello, sommerso dagli applausi, ad «assumersi il rischio della decisione».

Spenti i riflettori, sceso dal palco e incalzato di domande su lavoro, precarietà, sindacato, riforme, il ministro Poletti non si è sottratto ma solo una manciata di minuti visti i suoi impegni successivi a Sant’Ilario e a Casa Cervi. «Se non c'è lavoro - ha detto Poletti - il problema non può essere quello dei contratti. Segnalare problemi, come quello dei contratti, va bene, ma più impellente è trovare soluzioni». Un cenno alla Fornero: «Con la sua riforma la percentuale dei contratti precari nel 2013 era salita al 68%. Quando avremo i dati del job act valuterete il mio lavoro, se quella percentuale sarà scesa avrò avuto ragione io, in caso contrario i miei detrattori». Dal pubblico, un dipendente di un centro commerciale lo incalza sul lavoro di domenica. «Per intervenire sul lavoro domenicale - spiega il ministro - il governo deve agire con grande sensibilità verso le regioni dei lavoratori». Nei confronti dei sindacati lamenta «una lettura diversa dei dati. Capisco le loro posizioni ma non le condivido». Per poi chiudere su Berlusconi, sulla sua volontà di rompere il tacito patto di non belligeranza con Renzi: «Berlusconi non vuole più le riforme? Crede davvero che sia giusto tenersi un Senato così strutturato? Servono subito queste riforme, serve uno stato più leggero. E' iniziata la sua trenta giorni di campagna elettorale, questi sono i risultati».

Andrea Montanari