«Una scuola in 45 giorni ce lo ha insegnato il sisma»
Fabbrico: il sindaco Parmiggiani fa il bilancio del suo mandato e spiega l’addio «Fiero di riduzione del debito e investimenti. Ora? Non tornerò nel sindacato»
FABBRICO. E’ tempo di bilanci a Fabbrico: ieri sera in Consiglio è stato presentato il Consuntivo. Che soprattutto per il primo cittadino uscente, Luca Parmiggiani, ha un significato speciale: dopo cinque anni al lavoro per il paese, ha scelto di non ricandidarsi. E ora traccia anche il suo personale bilancio di un quinquennio che, soprattutto a causa del sisma, è stato tutt’altro che facile. «Guardando il Consuntivo e mettendo in fila le cose fatte, il bilancio tutto sommato mi pare estremamente positivo. E non lo dico per presunzione. Ma di difficoltà ne abbiamo incontrate tante. A partire dal primo anno, quando siamo partiti con un bilancio sanzionato per il mancato rispetto del patto di stabilità. Qualcosa che ci siamo trovati e con cui abbiamo dovuto fare i conti. Poi ci sono stati i tagli decisi dal governo...».
E poi nel maggio 2012, c’è stato il sisma.
«Sì. Che innanzitutto, ci ha fatto scoprire di essere vulnerabili: è successo qualcosa che non ci aspettavamo e che non eravamo pronti ad affrontare. E sono contento che, prima della fine del mio mandato, riusciamo ad andare in consiglio dell’Unione con i nuovi piani di emergenza per tutti i Comuni. Ci tenevo: è un’importante struttura che ci mette in grado di affrontare le calamità. In questi due anni, poi, abbiamo dovuto fare un lavoro enorme. Sebbene Fabbrico non sia tra i centri più colpiti, abbiamo dovuto affrontare l’emergenza degli sfollati, fare i conti con una scuola inagibile e tanto altro. E’ stato un banco di prova pesantissimo, uno spartiacque sia dal punto di vista sociale che dell’amministrazione. Ma che ci ha fatto capire tante cose: ad esempio, con la Regione, è stato possibile costruire una scuola in soli 45 giorni. Significa che è possibile avere una burocrazia più snella, soprattutto negli enti locali».
Di quanto realizzato in questi 5 anni, di cosa va più fiero?
«Sicuramente, del mantenimento dell’eccellenza nei servizi, poi quei 2 milioni di euro investiti in lavori pubblici che hanno dato risposte a quanto chiedevano i cittadini. Terzo punto, è senz’altro la riduzione del debito che nel 2009 era di circa 2 milioni e che ora è di 1.013.330. Lo abbiamo ridotto del 50% circa. E’ stata una scelta ben precisa. Ci tengo, inoltre, a far notare la voce “rimborsi” degli amministratori. Nel 2013 è stata di neanche 600 euro. Nel 2012 di 1.900, ma è stato quando per il terremoto dovevamo andare spesso a Bologna. Spero faccia riflettere chi fa di tutta l’erba un fascio».
Cosa avrebbe voluto fare ma non c’è riuscito?
«Avrei voluto dare molte più risorse alla cultura. Alla biblioteca, al cinema, al teatro. Gli eventi me lo hanno impedito».
Perché ha deciso di non ricandidarsi?
«Qualcuno l’ha letto come un abbandono. Io credo invece che quando uno sente che è arrivato il momento di fermarsi, lo debba fare. Per il bene della comunità. E sono felice di tornare a lavorare alla Landini. Ma la partecipazione è nel mio dna. Non escludo un domani di potermi rimettere a disposizione, magari nel volontariato».
Lei è stato anche membro del Comitato centrale della Fiom. Tornerà nel sindacato?
«Sicuramente no. Quella è un’altra pagina della mia vita, ormai conclusa».