Gazzetta di Reggio

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"Il precariato a Reggio non ha creato lavoro"

di Massimo Sesena
"Il precariato a Reggio non ha creato lavoro"

Job act: nella nostra provincia solo il 3,5% assunto con l'apprendistato. Vanna Gelosini: "L'obiettivo di questa riforma è smantellare le regole"

30 aprile 2014
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REGGIO.

Il dato l’hanno quasi buttato lì, presentando le iniziative del Primo Maggio in città. L’hanno “buttato lì”, i sindacati confederali, per dire che non è precarizzando ulteriormente il lavoro che si ottiene più lavoro. Nel 2013, nella nostra provincia, il 78,8% degli avviamenti al lavoro è stato possibile grazie a contratti a tempo determinato e un’altra quindicina di tipologie contrattuali. Una parcellizzazione che lo stesso Renzi dice di voler combattere ma che intanto costituisce quasi l’unico segnale di vita di un mondo del lavoro mai così asfittico.

In realtà, quel 78,8% di assunti grazie a contratti a termine e altre forme di lavoro precario, secondo la Cgil reggiana, significa che quella del premier Renzi e del ministro Poletti non è la risposta giusta per riportare al di sotto della doppia cifra il preoccupante dato della disoccupazione nel Paese.

«I dati che abbiamo elaborato dopo che ci sono stati forniti dagli uffici di collocamento - spiega Vanna Gelosini della Cgil - ci dicono, ad esempio, che in quel 78,8%, soltanto il 3,5% delle assunzioni è avvenuta con la tanto decantata formula dell’apprendistato e addirittura soltanto l’1,2% ha riguardato l’istituto del tirocinio».

FACCHINI E CO. Sempre guardando nel dettaglio quei dati sull’avviamento al lavoro, si capisce chiaramente chi abbia approfittato di più della contrattistica che istituzionalizza il precariato: il 64,5% degli avviamenti al lavoro a Reggio nel 2013 ha riguardato il comparto dei servizi (commercio, facchinaggio, tanto per citare due categorie a basso tasso di tutela), il 27,3% il comparto industriale e l’8,1% quello dell’agricoltura, settore in cui è letteralmente esploso in questi anni l’utilizzo dei voucher: a livello regionale, nel 2008 erano stati incassati dai lavoratori 60.024 voucher, nel 2013 si è sfiorata la cifra dei 3,5 milioni di voucher incassati.

CONTRATTI E REGOLE. Invero, a preoccupare maggiormente i sindacati sono alcuni dettagli e, insieme, la filosofia del Job Act di Renzi e Poletti: «Penso ad esempio - dice ancora Gelosini - alla modifica apportata a Poletti che ha tolto l’obbligo per il datore di lavoro di motivare il carattere “a termine” di una assunzione. Su questo e altri aspetti della riforma messa in campo dal governo si è espressa duramente anche l’Associazione dei giuristi democratici, sostenendo come sia costituzionalmente inaccettabile anche solo l’eventualità teorica che un lavoratore, assunto per 36 mesi possa sottoscrivere 46 contratti diversi e 230 proroghe». E che il trend sia questo lo dicono anche i dati relativi al periodo antecedente il Job Act: «Nel 2005 - dice ancora la funzionaria della Cgil - le persone avviate al lavoro furono 40.422 e i contratti furono 57.679, con una media di 1,43 contratti a lavoratore. Nel 2013 gli avviamenti sono stati 51.580 con 87.176 contratti, per una media di 1,63 contratti a lavoratore. E’ cresciuto il numero degli occupati ed è rimasto quasi stabile il numero dei contratti, direbbero i sostenitori della riforma. In realtà - aggiunge ancora la funzionaria della Camera del Lavoro - basta guardare il dato sulla disoccupazione per capire che non è così: nel 2005 i reggiani iscritti alle liste di collocamento erano 11.835, nel 2013 sono 30.101».

Dettagli, direbbero il premier e Poletti, determinati a portare a casa il Job Act. L’importante è che queste misure consentano di agganciare la ripresa quando arriverà, e creare così posti di lavoro. Anche su questo ritornello, la Cgil reggiana è scettica, non foss’altro per una «peculiarità di questa riforma» che a loro, proprio non va giù: «Il problema - conclude Vanna Gelosini - è lo smantellamento delle regole che questa riforma comporta. Se e quando arriverà la ripresa, coloro che saranno assunti, lo saranno senza tutele».

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