Gazzetta di Reggio

Reggio

«Una città che tuteli i nostri beni comuni»

di Evaristo Sparvieri
«Una città che tuteli i nostri beni comuni»

Rifiuti, acqua e stop al consumo del suolo le priorità di Francesco Fantuzzi Per il candidato di Un’Altra Reggio la sfida senza il sostegno del simbolo Prc

20 maggio 2014
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«Gestione dell’acqua, del ciclo di rifiuti e stop al consumo del suolo: i beni comuni. Ma il mio primo atto, una volta eletto, sarà quello di coinvolgere i cittadini su tutte le decisioni. Non sarà originale, ma dopo questa amministrazione credo che ce ne sia davvero bisogno». Sono queste le priorità al centro del programma di Francesco Fantuzzi, candidato sindaco di Un’Altra Reggio, che nel corso della campagna elettorale ha dovuto rinunciare alla coalizione con Rifondazione Comunista, la cui lista è stata esclusa in extremis dalle amministrative per la mancanza di firme. «Siamo assieme - racconta Fantuzzi - e non mi faranno mancare il loro apporto. Non posso nascondere che perderli, anche a livello di simbolo, comporta il rischio che una parte di elettorato venga intercettato da altri. Ma è anche vero che in queste settimane le persone hanno capito che, oltre i loghi, c’è un progetto civico che esprime una visione della città».

Fantuzzi, come mai tutta questa attenzione su temi così specifici?

«Occuparsi di questi argomenti è fondamentale perché ci si occupa di patrimonio pubblico. E il Comune esprime una sua visione soprattutto se ha una idea chiara dei beni che appartengono a tutti e della loro gestione. Sulla mia insistenza su Iren, ad esempio, non è che mi siano antipatici. Ma ciò che va colto è il rischio di un azzeramento della partecipazione, per cui poi un cittadino vede in bolletta rincari al 42% in 4 anni senza capirne il motivo: se il rapporto tra Comune e partecipata è solo in termini di erogazione di dividendi, abbiamo perso tutti. Non si tratta di affrontare tecnicismi, ma di tutelare i cittadini liberando risorse economiche, misurando la qualità di un servizio e creando un meccanismo virtuoso di beni non riproducibili».

E quindi cosa cambierebbe, a partire della gestione del servizio idrico?

«Le mie preoccupazioni sulla situazione di Iren sono note. Rischia di saltare in aria, per una situazione finanziaria preoccupante, che la pone tecnicamente nell’insolvenza. Sul servizio idrico si deve intervenire al più presto, ma non con le soluzioni di cui ho sentito parlare: si ipotizzano S.p.A pubbliche, che non sono mai tali. Occorre un’azienda speciale, di nome e di fatto, che consenta di tutelare meglio quello che è patrimonio pubblico. E occorre fare presto. Basti pensare che Iren ha valutato lo scorporo del servizio idrico 82 milioni al 31 dicembre 2012. Ma non hanno spiegato come mai, visto che le reti sono in capo ad Agac, che è già pubblica. Nessuno risponde».

Iren, dunque. Che vuol dire anche rifiuti...

«Noi siamo contrari al Tmb. È troppo vicino alla città e non risolve il problema».

Ovvero?

«Ha un valore di 54 milioni e ad oggi non si sa chi li tirerà fuori. Non c’è un piano industriale, non risolverà il problema dell’incremento del riciclaggio del recupero della differenziazione perché gestirà solo umido, circa 30mila tonnellate annue previste, contro le 130mila complessive che l’impianto dovrebbe gestire. Questo vuol dire una cosa semplice e preoccupante: 100mila tonnellate che alla fine non saranno recuperate ma andranno in discarica o ancor peggio all’inceneritore di Parma. Stiamo galleggiando su un mare di rifiuti e nelle discariche nella nostra provincia abbiamo 10milioni di metri cubi di rifiuti stoccati. Quello che critico alle amministrazioni è l’assenza di un piano chiaro che proponga una discontinuità».

Qual è la sua idea?

«Puntare su una differenziazione spinta attraverso il porta a porta per arrivare a percentuali di recupero dall’attuale 57% all’85%-90%. E pagare una tariffa puntuale, sulla base di quanto si produce, non sul calcolo dei metri quadri, compresi i balconi. La critica che a volte sento fare è che la differenziazione costa di più. Non è vero: alla fine di tutto il ciclo i costi scendono del 10% e se si crea un sistema di aziende che punti sul mondo delle cooperazione e che gestisce il riciclato si crea anche occupazione. È un ritorno triplo: il cittadino paga meno, il costo totale della collettività è inferiore e si crea lavoro».

Dal suo “schema”, manca solo il consumo del suolo...

«Ci hanno sempre raccontato che la crescita immobiliare smisurata era figlia del Prg del ‘99. Peccato però che nel Comune di Reggio il consumo di suolo dal 2003-2008, prima giunta Delrio, sia raddoppiato. Uno scempio sotto gli occhi di tutti. Secondo il Psc, ad esempio, potrebbero sorgere 3 o 4 quattro nuove strutture commerciali in zone della città. Ci dicono che non si può cambiare ma non è così: si può temperare. E quindi basta fare cassa sugli oneri. Basta creare quartieri dormitorio fuori dalla città, che non hanno fatto altro che render più problematica la gestione della mobilità, basandoci su città a misura di auto».

Tutto pubblico e niente oneri. Ma come sostenere i nuovi costi che ci sarebbero?

«Abbiamo due o tre idee. La struttura organizzativa del Comune, per esempio. È curioso che ci hanno sempre raccontato che il direttore generale è obbligatorio. Poi quattro aree sono troppe per un Comune come Reggio ne bastano tre, con i servizi alla persona e alla città che possono essere accorpati Si può tagliare sulle funzioni in staff ai dirigenti, che come tali dovrebbero avere tutte le competenze: sono pagati di più perché devono avere una visione generale sul settore. Anche il numero dei dirigenti può scendere da 32 a 22, senza snaturare la struttura. Ho quantificato si risparmierebbe tra i 700-900mila euro. Altre proposte sono i gruppi di acquisto comunali, oppure la digitalizzazione contro lo spreco di carta».