Gazzetta di Reggio

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I primi cent’anni della Croce Verde nel segno del dono

Lucia Cuccurese
I primi cent’anni della Croce Verde nel segno del dono

Il presidente Livio Vacondio: «La mission non è cambiata» Da maggio a ottobre previsti momenti di festa e di incontro

20 maggio 2014
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REGGIO

Un secolo di soccorso e solidarietà. È questo ciò che si appresta a festeggiare la pubblica assistenza Croce Verde di Reggio e Albinea che – da maggio a ottobre – celebrerà i suoi cento anni di esistenza. Quelli, cioè, di una associazione che, dalla sua nascita (avvenuta il 24 ottobre 1914) è sempre stata profondamente legata alla storia reggiana, attraversandone tutti i momenti cruciali: dai due conflitti mondiali, passando per le lotte e le conquiste socio-culturali degli anni Sessanta e Settanta, sino ad arrivare ai giorni nostri.

«Gli albori della Croce Verde non furono semplici - racconta il presidente della Croce Verde di Reggio e Albinea, Livio Vacondio -. Il primo tentativo di istituire, nel 1912, l’allora “Corpo dei Militi Volontari” non ebbe successo per mancanza di denaro. Reggio, infatti, era molto povera e, se due anni dopo si riuscì a dar vita alla Croce Verde, fu grazie alle istituzioni, alle cooperative, ai commercianti, alla buona volontà della gente comune e grazie all’intervento di Giuseppe Menada, cittadino di spicco del tempo». Da quel momento, dunque, in una società priva (o quasi) di assistenza sanitaria per gli indigenti, «anche i più poveri, dal Crinale al Po, dall’Enza al Secchia - aggiunge Vacondio - potevano essere trasportati in ospedale».

La Croce Verde, tuttavia, non si limitò a prestare aiuto ai meno abbienti, ma anche ai feriti di guerra: «Durante la prima guerra mondiale - commenta il presidente - i soldati che provenivano dal fronte e che erano feriti venivano caricati su convogli che arrivavano a Reggio, dove erano i nostri militi a trasportarli al nosocomio cittadino». Struttura ospedaliera, che, nei primi anni Quaranta, a causa del secondo conflitto mondiale, fu affiancata dal Teatro Municipale: «Nella Sala degli Specchi del Valli erano disposti letti per i reduci di guerra - spiega Claudio Prati, volontario della Croce Verde e curatore degli eventi in programma per il centenario dell’associazione - e fu grazie al figlio di Giuseppe Menada se i militi poterono continuare nel servizio di soccorso ai feriti, nonostante l’epoca fascista avesse bloccato tutte le associazioni laiche».

Un impegno che proseguì nel secondo dopo guerra non senza difficoltà, dal momento che, come spiega Vacondio, «la città era stata martoriata dai bombardamenti e molti nostri volontari non erano più tornati a casa, avendo sacrificato la vita in combattimento». Forza-lavoro andata persa, quindi, ma che tornò a rinfoltirsi con gli anni e con l’inserimento tra i “militi” – che nel frattempo cominciarono ad essere chiamati “volontari” – delle donne.

«Le donne, fino al 1965, non potevano mettere piede sulle ambulanze - riferisce Vacondio -. Mia mamma e le altre mogli e fidanzate dei volontari appaiono nelle foto di repertorio, ma il loro ruolo nell’associazione, fino al 1965, era marginale. Si diceva, infatti, che una donna non potesse avere la forza fisica necessaria per guidare un mezzo di soccorso, che non riuscisse ad arrivare ai pedali o che non potesse essere impiegata perché non portava i calzoni. La verità è che la società allora era sostanzialmente maschilista». Così, anche la Croce Verde visse al proprio interno l’emancipazione femminile degli anni ’60 e ’70, arrivando a nominare, negli anni Ottanta, una donna al proprio vertice: «Quello di avere una donna, Stefania Cangiati, a comando dei volontari rappresentò un bel cambiamento culturale».

Una novità che, con quelle di tipo tecnologico, ha portato la Croce Verde di Reggio e Albinea a poter contare, oggi, su quasi 600 volontari e su mezzi e attrezzature di ultima generazione. «Essere volontari nel 2014 - conclude Vacondio - significa essere orgogliosi di indossare la nostra divisa, pregna di valori: poter donare agli altri sembra una frase fatta, ma non è così. La Croce Verde è nata per fare la stessa cosa che faceva un secolo fa. Certo, oggi non si usano più i carrettini per il trasporto degli infermi e abbiamo una sede ipertecnologica, ma qui ci sono volontari che, dopo il lavoro, sacrificano il proprio tempo libero, anche notturno. Essere volontario nella Croce Verde oggi significa avere la stessa voglia e lo stesso spirito combattivo di chi ci ha preceduto, così da poter continuare la mission che ci è stata tramandata».