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«Correre “in casa” è un onore e un onere»

«Correre “in casa” è un onore e un onere»

Il dg della Csf Bardiani Bruno Reverberi: «Che bello vedere tanta gente far festa nonostante i disagi»

21 maggio 2014
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REGGIOLO. Nella tappa che passava in territorio reggiano non poteva mancare in ammiraglia il decano dei direttori sportivi nonché direttore generale della cavriaghese Csf Bardiani, Bruno Reverberi.

Cosa rappresenta per lei e la squadra la tappa che attraversa il territorio reggiano?

«Gareggiare sulle strade di casa è sempre allo stesso tempo un onere e un onore. Un onore in quanto si è motivati nel cercare di dare il massimo, per dimostrare che al Giro ci siamo anche noi da protagonisti. Un onore perché rappresentare la tua città è orgoglio puro da parte di tutto il team: dagli sponsor ai dirigenti, dagli atleti a tutti coloro che lavorano per far sì che la Bardiani Csf sia sempre in prima fila».

Quel è il bilancio della sua squadra sino ad oggi?

«Dal punto di vista della visibilità siamo andati molto bene, siamo stati protagonisti in tutte le tappe, soprattutto in quelle di montagna; peccato per le cadute di Battaglin e Colbrelli nelle tappe in cui dovevano attaccare e sprintare. Ora il nostro obiettivo, oltre alla vittoria di tappa, è quello di riconquistare con Pirazzi la maglia azzurra di miglior scalatore, anche se sarà dura vista la concorrenza. Per ora è secondo e nell’ultima settimana, con le tappe alpine, ha la grande opportunità di vincere».

Che effetto vi ha fatto attraversare i paesi colpiti dal sisma del 2012?

«Passando e vedendo cosa è successo in queste zone ho pensato a quei giorni terribili e con affetto mi unisco alle persone che hanno sofferto e che tuttora vivono un grande disagio. E’ stato bello vedere che, nonostante i problemi, la gente abbia voglia di fare festa dimenticando per qualche ora sofferenze e disagi».

Quali sono i vostri progetti futuri?

«Proprio oggi (ieri, ndr) abbiamo siglato un accordo triennale con i nostri attuali sponsor Bardiani e Csf. Questo ci permette di guardare con fiducia al futuro: il nostro progetto di far crescere senza pressioni psicologiche i giovani può continuare. Anche nella prossima stagione faremo esordire qualcuno tra i professionisti, senza sconvolgere l'attuale assetto del team».

Perché a suo avviso così tante cadute in questa prima parte di Giro d'Italia?

«Vorrei smentire, in primis, che le cadute siano causate soprattutto dai tanti neoprofessionisti presenti in gruppo, in quanto spesso sono spesso i più esperti a innescare le carambole. Ma il vero motivo è che le strade, molte volte, non sono adatte alle gare: le pressioni degli enti locali costringono gli organizzatori a passare per esempio nei centri storici, dove i rischi di caduta aumentano in modo esponenziale. Ci sono troppe rotonde e troppi spartitraffico sul tracciato».

Aldo Spadoni

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