Gazzetta di Reggio

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Rifiuti, appalti Iren strozzati dal massimo ribasso

Rifiuti, appalti Iren strozzati dal massimo ribasso

Sigle all’attacco: «Partita da 60 milioni: ma alle ditte esterne ne vanno solo 20, con effetto sui salari e rischio infiltrazioni»

22 maggio 2014
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REGGIO EMILIA.

E' una partita che vale 60 milioni, il costo del servizio di igiene ambientale gestito da Iren nel territorio reggiano. I sindacati confederali la vogliono giocare appellandosi ai sindaci di imminente nomina, ai quali propongono un incontro in vista di un convegno da organizzare verso la metà di giugno. Lo scopo è difendere il ruolo pubblico nella gestione dei rifiuti, nonchè tutelare i lavoratori del comparto e i cittadini contrastando la proliferazione degli appalti e sviluppando una raccolta differenziata autentica ed efficace.

IL RUOLO PUBBLICO. «La Regione - spiega Bruno Casini, segretario della Funzione pubblica-Cgil - sta per emanare il nuovo regolamento attraverso l'Atersir, l'agenzia territoriale per i servizi idrici e i rifiuti. Soltanto garantendo la preminenza della mano pubblica è possibile assicurare la flessibilità e il rapporto con i cittadini. Iren è tradizionalmente poco affezionata al servizio rifiuti. Occorre rilanciare il ruolo pubblico di questa azienda». Il timore è che, al contrario, Iren vada verso la privatizzazione. Lo esplicita Roberto Camorali, segretario regionale della Uil-trasporti: «Il sindaco di Torino, Piero Fassino, vuole cedere altre quote di Iren, mentre il patto di sindacato prevede che il 51% dell'azienda sia in mano pubblica. I sindaci non considerano che, diminuendo le loro quote, avranno meno dividendi da incassare». «Nell'igiene ambientale - aggiunge Salvatore Coda della Funzione pubblica-Cgil - occorre una fortissima soggettività pubblica. I sindaci devono riprendersi i poteri». In ogni caso il presupposto è che Iren vinca la gara per la nuova aggiudicazione del servizio, che, dati i tempi burocratici della Regione, secondo i sindacati non si terrà prima del 2016.

APPALTI E INFILTRAZIONI. Intanto la maggiore preoccupazione riguarda l'esternalizzazione. Le imprese appaltatrici svolgono ormai il 70% della raccolta dei rifiuti, percependo però soltanto 20 dei 60 milioni complessivi, poichè la loro è un'attività povera e poco remunerata. «La questione da affrontare - rileva Salvatore Coda - è quella del dumping contrattuale. Attraverso gli appalti si assumono lavoratori, quelli delle aziende appaltatrici, che hanno trattamenti inferiori rispetto agli altri. Ciò avviene a causa delle gare al massimo ribasso. Così si comprime il costo del lavoro, si blocca il turn over dei dipendenti di Iren e si apre la strada a possibili infiltrazioni della criminalità organizzata. Contro queste insidie è utile l'accordo firmato con Iren sui capitolati d'appalto. Occorre, però, la massima vigilanza». Ne derivano, inoltre, veri disservizi: «Quando - denuncia Camorali - il capitolato è al massimo ribasso, può accadere che i cassonetti non siano svuotati e il porta a porta non funzioni. I lavori, poi, vengono affidati spesso a cooperative sociali. Sulla carta è giusto, ma ce ne sono alcune fasulle. Si tratta in realtà di imprese che sfruttano i lavoratori».

LA DIFFERENZIATA. I sindacati condividono l'obiettivo di aumentare la raccolta differenziata e arrivare al sistema della tariffa puntuale, commisurata alla quantità di rifiuti indifferenziati conferiti dall'utente. Tuttavia, a loro parere, i risultati sono finora inferiori a quanto dichiarato: «La legislazione - osserva Camorali - è molto ambigua. Il materiale prelevato dagli appositi cassonetti è tutto codificato come raccolta differenziata. Quando, però, viene trasportato alle piattaforme del Conai (consorzio nazionale imballaggi), viene selezionato dalle ditte che lo devono riciclare. Quello di cattiva qualità o mescolato con altre cose viene scartato e avviato agli inceneritori. In questi casi la legge ammette che la raccolta differenziata serva per il recupero energetico».

Luciano Salsi