Gazzetta di Reggio

Reggio

«Quella stireria ci rende impossibile vivere»

«Quella stireria ci rende impossibile vivere»

Via Adua: la battaglia lunga 14 anni di due coniugi contro il rumore, ora chiedono aiuto al prefetto

23 maggio 2014
3 MINUTI DI LETTURA





«Prefetto ci rivolgiamo a lei, disperati. Le chiediamo un aiuto per risolvere definitivamente questo problema per noi gravissimo. Gli uffici preposti contattati da noi nel tempo, non hanno dato a tutt’oggi risposte risolutive».

Enzo Bertolotti e la moglie sono due residenti di via Adua. Portavoce di una protesta che va avanti da ben 14 anni, contro il rumore provocato da una stireria che si trova proprio dall’altra parte del proprio giardino, in via Bulgarelli 2. E dopo essersi rivolti a praticamente tutti gli uffici del Comune e dell’Arpa senza arrivare a una soluzione, hanno deciso infine di scrivere una lettera al prefetto.

«La situazione è insostenibile – spiega Bertolotti – Abbiamo fatto di tutto. Anche mettere doppi vetri dentro e fuori nel nostro appartamento. Ma il problema resta e si aggrava in estate, quando dobbiamo tenere le finestre aperte. Ed è continuo, perchè qui lavorano anche di notte».

La stireria in questione è gestita da cittadini cinesi. E nel tempo, i titolari si sono succedoti. Senza, però, che il problema venisse meno. Anzi. E’ del 2002 la segnalazione da parte della Circoscrizione VII all’Arpa e al Comune. I primi rilevamenti di parlano chiaramente dello sforamento dell’inquinamento acustico. Il problema è provocato dalla caldaia che produce calore e dal sibilo delle valvole. Si interviene, la questione pare risolta. Ma tre anni dopo i residenti segnalano ancora il problema. Scattano controlli, rilievi, sanzioni. Ma il Comune ha difficoltà a contestare le violazioni per i cambi di gestione nella stessa stireria. Nel 2007, Arpa ancora una volta verifica l’inquinamento acustico notturno. Parte la diffida per la bonifica. Si succedono disguidi burocratici, nuove rilevazioni di Arpa che ancora rilevano sforamenti dei limiti acustici, il pagamento di una sanzione amministrativa, nuove iniziative dei residenti, contatti con gli uffici del Comune, richieste di incontri con gli assessori competenti. Che avvengono tra il 2009 e il 2010 con l’assessore Franco Corradini, ma non con Natalia Maramotti.

Il problema ha radici anche in certi pasticci urbanistici, per cui una palazzina e un capannone industriale che si trovano uno accanto all’altro, sulla carta poi risultano appartenere a classificazioni diverse dal punto di vista del piano regolatore e della Classificazione acustica.

«Ma con le altre attività produttive, tra cui una carrozzeria, qui attorno non abbiamo problemi. Vuol dire che il rumore si può controllare – ci tiene a sottolineare Bertolotti – Invece, qui è continuo, giorno e notte. Un sibilo ripetuto ogni pochi secondi. Insopportabile. Anche per la nostra salute».

Tra l’altro, lo stesso capannone è stato al centro di altri gravi episodi. «Nel luglio 2013 è stata registrata emissione di ossido di carbonio puro, a causa del malfunzionamento di una caldaia. Avevamo seri problemi alle vie respiratorie. Una vicina è finita al pronto soccorso – spiega – L’attività è stata bloccata soltanto dal tempestivo intervento del comandante dei carabinieri di via Adua». Un mese dopo l’attività venne chiusa per un abuso edilizio: la scoperta di un dormitorio abusivo nel seminterrato. «Ma poi, come ogni volta, tutto riprende. Con il solito rumore di sempre. A danno di noi che abbiamo seguito correttamente le burocrazie e le tappe che venivano imposte dagli uffici comunali» conclude. (el.pe)