Gazzetta di Reggio

Reggio

Lite per un posto nella tomba Manodori

di Tiziano Soresina
Lite per un posto nella tomba Manodori

Condannato un nobile-avvocato toscano che la vuole tutta per sè ma presenta al Comune un albero genealogico fasullo

31 maggio 2014
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REGGIO EMILIA

Un processo dai toni macabri nel contesto di nervi a dir poco tesi all’interno di una discendenza che si rifà nientemeno che a Pietro Manodori, figura importantissima per Reggio (fu sindaco e fondatore della Cassa di risparmio, nonché benefattore a cui è intitolata la ben nota Fondazione). Il protagonista di questa sorprendente vicenda – emersa ieri in tribunale – è un nobile pure avvocato, cioè il 75enne Pietro Giovanni Manodori Galliani che vive a Viareggio. Sul finire del gennaio di sette anni fa aveva presentato al responsabile del servizio di polizia mortuaria di Reggio una dichiarazione (poi protocollata) in cui il nobile-avvocato appariva come l’unico discendente diretto della famiglia di Pietro Manodori, con l’obiettivo di poter disporre per sè e per i suoi discendenti della cappella funebre che si trova nel cimitero Monumentale. Sembra tutto a posto finché, il mese successivo, scoppia il caso. Ed è una scoperta sgradevole, perché coincidente con la morte dell’ingegner Riccardo Barbieri Manodori, padre di Leopoldo (ingegnere e ai tempi impegnato politico di destra).

Da tempo l’ingegner Riccardo aveva espresso il desiderio di essere sepolto nella tomba di famiglia in cui riposa Pietro Manodori, ma il figlio Leopoldo si ritrova nel doloroso momento del funerale la strada sbarrata da quella dichiarazione che assegna ad altri i posti nella cappella. Un cupo braccio di ferro che verrà risolto in fretta dal dirigente Alberto Bevilacqua della polizia mortuaria che, dopo aver verificato gli atti comunali, annulla l’attribuzione esclusiva della tomba a Manodori Galliani. Ma la cosa non finisce lì: scatta una denuncia e sulla scia un’inchiesta che porta sotto processo il nobile-avvocato per falsa attestazione a pubblico ufficiale. Infatti, per l’accusa, aveva allegato nell’ormai famosa dichiarazione un albero genealogico privo di parte della discendenza: insomma viene ritenuto in malafede, anche perché tempo addietro aveva polemizzato sull’esito della vertenza legale con la quale Riccardo Barieri aveva ottenuto il diritto di fregiarsi anche del cognome Manodori. Lo stesso Leopoldo Barbieri Manodori – costituitosi parte civile – ha rimarcato tramite l’avvocato Luca Tadolini la sofferenza e il disappunto provato per quanto accaduto, chiedendo un risarcimento-danni. Da parte sua l’imputato si è difeso affermando in aula di essere stato indotto in errore perché nella sua ricerca genealogica aveva tenuto conto della legge salica che esclude le donne nel calcolo delle discendenze. Tesi che non ha convinto il giudice Alessandra Cardarelli che ha condannato Manodori Galliani a una multa di 300 euro (pena sospesa e non menzione).