Inizia la nuova vita di Andrea Rossi sindaco per 10 anni
Dopo aver passato il testimone al 45enne Alberto Vaccari si dedica alla moglie e pensa al suo futuro, anche politico
CASALGRANDE. Negli ultimi dieci anni il comune di Casalgrande ha vissuto notevoli trasformazioni sia dal punto di vista urbanistico, cheda quello strutturale e della viabilità.
L’ultima trasformazione avvenuta ha riguardato anche l’amministrazione comunale: il sindaco Andrea Rossi, infatti, ha lasciato il “testimone” ad Alberto Vaccari dopo dieci anni di governo della città.
Vale la pena dedicare dieci anni della propria vita all’amministrazione di un Comune?
«Parafrasando un recente slogan elettorale, “senza dubbio”. Se sei appassionato di politica e se ami il paese che ti ha visto nascere e crescere, “senza dubbio” è l’esperienza più affascinante che ti può capitare nel tuo percorso personale e professionale. Anche perché, la bellezza di fare il sindaco, è che ogni giorno si incontrano persone che, senza distinzioni, ti aiutano a crescere».
Qual è stato il momento più difficile dei suoi due mandati?
«Da un punto di vista personale la perdita di persone care con le quali avevo condiviso un percorso istituzionale e politico, e che hanno rappresentato per me un punto di riferimento nell’agire quotidiano. Da un punto di vista istituzionale, invece, le difficoltà che si incontrano nel trasmettere ai cittadini le motivazioni che sono alla base di alcune scelte, soprattutto in alcuni pssaggi delicati».
Il momento migliore?
«Forse sarò un sentimentale, ma penso che la vittoria alle elezioni del 2004 – giunta dopo le tensioni della campagna elettorale che non fu affatto semplice a causa della frattura all’interno del centrosinistra tra i Ds e la Margherita –, l’abbraccio intenso con i miei genitori e il successivo giuramento sulla Costituzione siano ricordi indelebili. E poi ogni volta che ho tagliato un nastro, perché capivo di aver raggiunto un obiettivo che mi ero prefisso e, soprattutto, ero riuscito a mantenere un impegno preso davanti ai tuoi cittadini».
Quali dovrebbero essere i provvedimenti legislativi per poter dare una vera autonomia finanziaria ai comuni?
«Il provvedimento più importante dovrebbe essere l’istituzione di un’unica imposta comunale articolata sul reddito e sulle proprietà, che nasca sui principi costituzionali di equità e progressività. Chi più ha, più paga. Un patto tra il Comune e i suoi cittadini per far funzionare tutti i servizi erogati. Oggi un cittadino non solo sente il peso dell’imposizione fiscale ma anche il peso burocratico della stessa. Quindi io lavorerei per ottenere semplificazione e certezza».
Quali sono le opere principali che sono state realizzate negli ultimi dieci anni?
«Penso che in questi anni Casalgrande, in continuità anche con la giunta Branchetti, abbia visto un’importante trasformazione e implementazione di spazi e luoghi pubblici, a partire dai dieci milioni investiti in edilizia scolastica. Penso al centro culturale con biblioteca e teatro, alla viabilità con la pedemontana e i sottopassi, ai 12 chilometri di ciclopedonali realizzate, all’edilizia sportiva, all’ampliamento delle aree verdi attrezzate e per concludere alla caserma dei carabinieri. Stiamo parlando di oltre 80 milioni di euro investiti a favore della nostra comunità in dieci anni».
Che cosa manca o cosa deve ancora essere concluso a Casalgrande?
«Da concludere sicuramente vi sono i progetti avviati, come la casa protetta, le barriere fonoassorbenti sulla linea ferroviaria, alcuni collegamenti pedonali che completano il ring di collegamento tra il capoluogo e le frazioni, l’edilizia cimiteriale, e il secondo stralcio della riqualificazione del centro di Salvaterra. Ma siamo a buon punto, quindi direi che è importante, in assenza di necessità di grandi opere, concentrarsi sui piccoli interventi che forniscono risposte puntuali ai bisogni della comunità. L’unica opera che ritengo strategica per il nostro Comune, oggi, è la valorizzazione del centro del capoluogo che deve passare da un progetto di rafforzamento della rete commerciale».
Qual è stato l’aspetto burocratico più assurdo e contro cui si è dovuto scontrare più spesso?
«I sindaci, come primi cittadini, rispondono direttamente alla comunità che rappresentano, e ne comprendono i bisogni: esiste un mondo della burocrazia fatta di nominati, invece, che, non ponendosi questo problema, non si assume la responsabilità della decisione».
Continuerà ad occuparsi di politica?
«Ho iniziato in tenera età, quindi sono certo che la politica farà sempre parte della mia vita, anche da semplice volontario e militante. In questi giorni mi sono rilassato e ho dedicato il mio tempo a mia moglie, che mi ha sempre sostenuto, e alla nostra casa, che nei primi due anni di matrimonio ho vissuto come un hotel. Sto valutando alcune proposte sia in ambito politico sia in ambito professionale, anche se non nascondo che dopo dieci anni così intensi e vissuti sempre a mille, una pausa di qualche settimana non mi dispiacerebbe affatto».
Paolo Ruini