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Maxi frode fiscale, Gibertini al giudice: «Mi sono pentito, ma non ero io il capo»

di Tiziano Soresina
Maxi frode fiscale, Gibertini al giudice: «Mi sono pentito, ma non ero io il capo»

Il giornalista interrogato 5 ore: «Possono indagare anche all’estero, tanto non ho soldi». Grandinetti: «Figura di primo piano»

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REGGIO EMILIA

Barba lunga, provato, una sorta di ghigno stampato sul volto che probabilmente nasconde gli stress vissuti in questa decina di giorni in carcere, cioè da quando per lui sono scattate le manette al culmine della clamorosa inchiesta sul maxi “giro” di fatture fasulle da ben 33 milioni di euro.

Lasciando ieri il palazzo di giustizia intorno alle 15 scortato dagli agenti penitenziari – dopo cinque ore di un estenuante interrogatorio in procura – l’opinionista televisivo 48enne Marco Gibertini ha lasciato dietro di sè quest’impressione. Per il pm Valentina Salvi – che coordina le indagini – non è una pedina qualunque della banda, ma uno dei tre capi. Gibertini, su consiglio dell’avvocato difensore Liborio Cataliotti, ha deciso di collaborare, ma ha “dipinto” diversamente il suo ruolo: «Abbiamo chiesto noi l’interrogatorio urgente – spiega ai cronisti il difensore – per mostrare il pentimento e collaborazione. E’ stato lucido, ha risposto a tutto. Il ruolo di Gibertini è però diverso da quello che si trova nell’indagine di per sè meticolosissima e chiara. E’ verissimo che fosse il tramite fra le aziende che emettevano e quelle che fruivano delle fatture false. Ma non era il capo di nulla, perché si è trovato all’interno di un meccanismo già esistente e ben rodato. Ha cercato un escamotage per sostenere economicamente una squadra sportiva per poi ritrovarsi dentro a qualcosa di infernale, un vortice che per rientrare dall’investimento lo chiamava a farne un altro e via di questo passo. Un vortice che ha preso il sopravvento su di lui». E il fiume di denaro “fotografato” dall’inchiesta? Su questo l’avvocato Cataliotti è categorico: «Gibertini faceva da tramite, ma ha sempre ottenuto una percentuale veramente modesta rispetto al volume di fatture che c’è stato. Ha dato il consenso per indagini, per rogatoria, anche all’estero, perché assolutamente non ha soldi, bensì è in difficoltà economiche».

L’interrogatorio si è tenuto al quinto piano della procura, nell’ufficio del pm Salvi, affiancata dalla guardia di finanza. Un momento dell’indagine che il procuratore capo Giorgio Grandinetti ha seguito con attenzione, definendolo «uno snodo importante». Ma ha alcune specificazioni da fare, in pratica una replica alla difesa.

«Gibertini il tramite di un meccanismo oliato? Non mi pare sia quello il ruolo che emerge dalle indagini della collega Salvi e non è nemmeno emerso nel corso dell’interrogatorio – puntualizza il numero uno della procura – visto che l’indagato non ha sostenuto questo. E’ vero, in molti tratti è stato collaborativo, è stato interrogato a lungo e speriamo abbia fornito quegli spunti necessari per vedere più chiaramente gli scenari». come dire che Gibertini ha fornito nuovi spunti investigativi? «E’ stato uno snodo dell’indagine, di più non si può dire...».