«Gli spuntoni non servono ci vuole più sorveglianza»
La maggior parte di chi vive e lavora in via Turri e dintorni non ha dubbi «Cosa c’entra una panchina con l’ubriachezza molesta o lo spaccio di droga?»
REGGIO. La “zona stazione” è di nuovo sotto i riflettori e la politica reggiana si è già divisa su una fra le primissime proposte giunte per combattere il degrado: gli “spuntoni antibivacco” da applicare sulle panchine della zona stazione, il cui nome spiega già sufficientemente l'utilizzo e il fine. Ma come si vive e si lavora in una zona tanto a rischio? Quali sono le reali priorità su cui concentrare l'attenzione? E soprattutto: che utilità possono avere gli “spuntoni antibivacco” tanto osteggiati da una parte della politica reggiana?
Francesco Mirabella è un tassista che vive a Reggio da ormai trent'anni e che, per via del suo lavoro, ha da sempre frequentato la zona stazione a qualsiasi orario della giornata: «Il problema sono i soggetti che non vogliono integrarsi. Ci sono persone che bivaccano qui da anni, ormai li conosco di persona. Se li conosco io, come mai non sono conosciuti dalle forze dell'ordine? E soprattutto: quale mai sarà la loro occupazione lavorativa se sono qui da anni a bighellonare? Solo una maggiore e continua sorveglianza permetterebbe di distinguere i “buoni” da i “cattivi” e di agire di conseguenza. Gli spuntoni antibivacco? Ma per piacere, più sorveglianza è l'unica strada percorribile».
Contrario anche Stefano Onesti, residente in via Turri. Con un un filo di sarcasmo sostiene: «Installare spuntoni sulle panchine? Cos'è uno scherzo? Quelli se ne staranno in piedi. Qualcuno poi mi spiega poi il divieto di vendere alcolici nei bar quando si può acquistare tutto liberamente nei supermercati? Venite a dare un'occhiata alla sera sotto i palazzoni di via Turri. Sembra di essere in una birreria a cielo aperto». Anche Ezio Paolini vive in zona stazione: «In questo periodo, durante il Ramadam, va anche bene. Durante il giorno si riesce a vivere il quartiere abbastanza tranquillamente ma la sera, in ogni caso, il tasso alcolico dei soliti noti aumenta a dismisura e iniziano gli schiamazzi, le risse, lo spaccio alla luce del sole. Arriva una volante e subito tutti si smaterializzano». Anna Qiu è una giovane ragazza di origine cinese, ma nata e cresciuta a Reggio, che lavora in un bar di via Turri e che in un italiano perfetto ci spiega cosa significhi lavorare in zona stazione. «Certo che ho avuto problemi, abbiamo subito anche un furto qui al bar; per fortuna poi l'autore è stato arrestato. Parecchi senzatetto vengono qui da me a chiedere un aiuto, un caffè, qualcosa da mangiare. Quando posso li aiuto ma più ne aiuti più ne arrivano. Io comunque in viale 4 Novembre di notte, da sola, non ci passo più, questo è poco ma sicuro. E sugli spuntoni antibivacco posso dire solo questo: che è un bruttissimo biglietto da visita per la città, il vedere, per chi arriva col treno, le panchine della stazione piene di senzatetto a dormirci sopra».
Atilla Tez è invece il titolare di un kebab turco sempre in via Turri. «A Reggio la mia attività rende sempre meno. In un anno gli incassi si sono dimezzati. I reggiani, che costituivano una buona parte della mia clientela, a mangiare da me non vengono più. Gli altri vogliono tutti mangiare gratis. I problemi di sicurezza incidono molto in questo fenomeno. Gli spuntoni? Qualcuno è in grado di spiegarmi la relazione fra una panchina e l'ubriachezza molesta o lo spaccio di stupefacenti? Il problema è innanzitutto la micro-criminalità, non di certo qualche poveretto rimasto senza casa».
Una voce fuori dal coro è quella di Francesca Mantovani, che in zona stazione ci vive. “Per me qui la situazione è abbastanza tranquilla. Nonostante io cammini spesso da sola non ho mai avuto il benchè minimo problema. Gli spuntoni? Non ne vedo il bisogno, anzi, siamo sicuri di non spendere denaro in modo inutile senza poi ottenere alcun risultato?».