Gazzetta di Reggio

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La chitarra della Galeazzi celebra Giovanna Daffini

Mauro Pinotti
La chitarra della Galeazzi celebra Giovanna Daffini

A Gualtieri domani si ricorda la “voce della risaia” a cento anni dalla nascita A esibirsi una delle voci più importanti della musica popolare nazionale

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GUALTIERI. Il Teatro Sociale di Gualtieri in collaborazione con il Comune, in occasione del centenario della nascita e del 45esimo anniversario della morte, organizza per domani (ore 21.30) il concerto in memoria della “voce della risaia” Giovanna Iris Daffini. Per celebrare il doppio evento si esibirà, Lucilla Galeazzi, una delle voci più importanti della musica popolare nazionale.

La serata- concerto sarà introdotta da Diego Rosa, ex assessore alla cultura dal 1990 al ’95, che presenterà i lineamenti storico-musicali che hanno segnato la vita di Giovanna Daffini, partendo dal repertorio dei canti di risaia, in origine canti corali privi di accompagnamento, per poi arrivare alla rivoluzione musicale operata da Giovanna, legata ad una sua personale e innovativa interpretazione dei brani tradizionali mediante l’uso esclusivo della voce, individuale, e della chitarra.

Rosa perché Giovanna Daffini è così importante?

«Io amo Giovanna per la sua voce e per la vita grama che ha fatto. Sapeva fare tutto. Per vivere cantava in chiesa l'Ave Maria di Shubert o “Bandiera Rossa” nei funerali civili, cantava le canzoni di Sanremo. Ma la grande operazione di Giovanna Iris Daffini è stata quella di cantare la sua vita accompagnata dalla sua chitarra che è uno strumento nobile. Non dimentichiamo che per 17-18 anni è stata una mondina. Giovanna, da sola, con la sua voce e la sua chitarra era un organico completo. Negli Stati Uniti è stata fatta una simile operazione con il Blues per i canti dei raccoglitori di cotone. Giovanna è stata uno dei fondamenti del Nuovo Canzoniere Italiano e ne hanno usufruito cantanti come Anna Identici, Milva e Gigliola Cinquetti».

Cosa direbbe ai giovani per non perdere questo appuntamento con il concerto di Lucilla Galeazzi?

«I giovani oggi amano la musica etnica. È stato proprio grazie al nuovo Canzoniere Italiano se oggi viene apprezzato questo genere musicale. Il folk ha dato origine a gruppi come Napoli Centrale e la Nuova Compagnia di Canto Popolare. Basti pensare che in America la Daffini è un fenomeno studiato alla stregua di Billie Holiday».

Perché è stato chiamato lei a presentare la serata?

«Sono stato coinvolto in questo progetto perché nel 1992, quando ero assessore alla cultura, avevo tenuto un convegno su Giovanna Daffini – ha spiegato Diego Rosa – Tre anni fa ho organizzato anche uno spettacolo dedicato a lei. In più l’anno scorso, a cura della rivista “Ap-parte” è uscito un cd, con una mia recensione, con brani cantati da Giovanna Marini, Gualtiero Bertelli, Sandra Boninelli, Giuseppina Casarin, Folkin’ Po, Mara Redeghieri e Massimo Zamboni, fondatore insieme a Giovanni Lindo Ferretti dei Cccp – Fedeli alla Linea che poi ha dato vita ai Csi».

La Daffini era originaria di Villa Saviola di Motteggiana (Mn), ma visse molti anni a Gualtieri dove morì il 7 luglio 1969. Cominciò giovanissima a suonare come ambulante, lavorando come risaiola tra Novara e Vercelli e apprese tutto il repertorio delle mondine; in seguito arricchì le sue conoscenze con canzoni popolari e di lotta sociale. Sposatasi con Vittorio Carpi, violinista in orchestre lirico-sinfoniche, continuò con lui a suonare e cantare in feste, matrimoni e fiere.

Gianni Bosio e Roberto Leydi la incontrarono nel corso delle loro ricerche sul campo. Riconosciuta dagli studiosi come voce della risaia, passò dal ruolo di informatrice a quello di cantante professionista al fianco del Nuovo Canzoniere Italiano. Partecipò agli spettacoli “Bella ciao” nel 1964, nel quale cantò, tra l’altro, “Bella ciao delle mondine”, “Amore mio non piangere” e “Sciur padrun da li beli braghi bianchi”, e “Ci ragiono e canto” del 1966, durante il quale si esibì, nella canzone politica “Vi ricordate quel diciotto aprile”. Il suo stile possedeva le tipiche asperità popolari che qualcuno ha voluto definire “eversive” perché, dentro il loro timbro, aspro e corrosivo, portavano l’aggressività antagonista che sembrava una esplicita metafora della lotta di classe. Non a caso è stata la più imitata fra le protagoniste del folk revival e ammirata dalla generazione del rock più antagonista, come una “madre punk” ante litteram.