Gazzetta di Reggio

Reggio

Sulle tracce dei caduti arriva Silvia, l’investigatrice dei nostri soldati

Andrea Vaccari
Sulle tracce dei caduti arriva Silvia, l’investigatrice dei nostri soldati

La grande passione della Musi, che raccoglie dati e li pubblica su un blog in memoria del bisnonno artigliere Amedeo Pietri

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GUASTALLA (REGGIO EMILIA). Le belle storie cominciano sempre da un vecchio baule nascosto in soffitta. Anziché una mappa del tesoro o manoscritti indecifrabili, nel caso di Silvia Musi, sono state delle vecchie foto ingiallite a far scattare la “molla”. In quelle immagini d’epoca era raffigurato il suo bisnonno Amedeo Pietri – classe 1890 – con indosso la divisa da soldato negli anni della Prima guerra mondiale, al termine della quale è riuscito a riabbracciare la propria famiglia. La Musi è una 38enne guastallese, molto conosciuta perché gestisce, in centro, un negozio di pasta fresca con la famiglia. Nel tempo libero, oltre che al basket (da anni è nel team guastallese) ama dedicarsi alle ricerche storiche, partite proprio da quel baule ritrovato, con l’obiettivo di rendere omaggio alla figura del bisnonno, che non ha mai potuto conoscere (contrariamente agli altri tre).

Da circa quattro anni Silvia ha iniziato ad allestire il blog www.pietrigrandeguerra.com nel quale sono registrati i dati di migliaia di militari caduti nel corso della Grande Guerra. Attraverso minuziose e costanti ricerche, l’autrice ha ricostruito il “percorso” di tante reclute (compreso, in molti casi, anche il luogo di sepoltura) che non hanno fatto più rientro a casa e dei quali i familiari avevano perso le tracce.

Sopralluoghi di persona, telefonate, archivi spulciati: in questo modo Silvia opera da tempo nei cimiteri di gran parte d’Italia, arrivando a catalogare nome per nome ogni singolo soldato perito. Questo lavoro certosino non le frutta alcun lucro: le soddisfazioni più grandi sono i “grazie” di tanti parenti – dall’Italia e dall’estero – che riescono a sapere dove riposa il loro antenato.

La precisione dei dati raccolti ha reso il blog un punto di riferimento per gli appassionati della Prima guerra mondiale. «Dopo il ritrovamento delle foto del mio bisnonno – spiega Silvia – iniziai a interessarmi di questo tema. Pur non avendolo mai conosciuto, me ne hanno sempre parlato bene. Era un ufficiale di artiglieria, e dunque la sua esperienza in guerra non si è rivelata particolarmente rischiosa. Ma mio nonno (il maestro Luigi Pietri, guastallese di grande cultura, ndr) mi diceva che non ha mai raccontato nulla, non parlava volentieri di quegli anni».

In questo speciale rapporto tra nipote e bisnonno, anche il destino ci mise lo zampino. Un paio di anni fa Silvia si recò al mercatino di Gonzaga, per cercare tra le bancarelle qualche cimelio della Grande guerra. All’improvviso scoppiò il maltempo, e gli espositori furono costretti ad andarsene. Poco dopo, le arrivò una mail di un amico, anch’egli appassionato di quel tipo di ricerche. Il messaggio conteneva un allegato molto speciale: la foto di un quadretto raffigurante il bisnonno Amedeo, che l’amico aveva trovato proprio a Gonzaga e che prontamente le regalò. «Fu una grande emozione – spiega Silvia – poter riportare a casa quel quadretto». Proprio a Guastalla esistono storie interessanti relative alla Prima guerra mondiale. La più toccante è quella dei quattro fratelli Bertelè, nessuno dei quali ritornò dal fronte. Anche in questo caso Silvia ha setacciato numerosi archivi per avere maggiori dettagli, ma di questa vicenda è rimasto poco di scritto: si sa soltanto che Giuseppe ed Enrico riposano a Guastalla, mentre si sono perse le tracce di Giovanni e Umberto. Inoltre, nella biblioteca Maldotti sono custoditi molti documenti dell’epoca, tra cui anche preziose lettere di soldati che scrivevano ai familiari, e che sono state riportate sul blog. Una traccia importante del passaggio della Grande guerra in terra guastallese sono le 56 tombe al cimitero. Poco più avanti dell’ingresso, sulla destra, sono sepolti soldati provenienti da ogni parte d’Italia e morti in queste zone. È proprio Silvia a prendersi cura di loro.

«Periodicamente – racconta – vengo a mettere dei fiori finti su queste tombe, visto che nessuno se ne ricorda più. Li chiamo “i miei ragazzi”, perché ormai mi sono affezionata a loro». Anche qui, come in tanti altri cimiteri d’Italia, Silvia ha filmato e fotografato ogni lapide, per poi trascrivere i dati sul sito. Ha ispezionato i camposanti di buona parte della provincia, e quelli dei comuni capoluogo delle province vicine, come Modena, Parma e Mantova. In occasione di un viaggio in Germania, non si è lasciata sfuggire un’approfondita visita alla sezione italiana del cimitero di Colonia.

«È un lavoro difficile – aggiunge – Si può incorrere a volte in errori. Nel caso dei grandi sacrari a esempio, molti soldati hanno perso la propria identità. Gli italiani erano dotati di una piastrina fatta praticamente di carta, che a contatto con l’acqua si scoloriva con facilità. Molti di loro sono stati sepolti senza un nome». Silvia si è fatta un’idea precisa della Grande guerra. «Per i nostri soldati – conclude – è stata più dura della Seconda. Lo Stato però non ha ricambiato il loro sacrificio. L’Italia fu l’unico paese a non fornire sostentamento ai connazionali prigionieri».