L’eccidio delle Reggiane ricordato al Tecnopolo
Il 71esimo anniversario commemorato alla presenza di tanti cittadini Il sindaco Vecchi: «Siamo qui a rendere omaggio a nove martiri della pace»
REGGIO EMILIA. “Martiri della pace”: così il sindaco Luca Vecchi ha definito ieri i nove martiri delle Officine Meccaniche Reggiane durante la commemorazione per il 71esimo anniversario dell'eccidio che si è tenuta al Tecnopolo, ovvero negli ex capannoni delle Reggiane, con la presenza delle autorità, di tutte le sigle sindacali e di un folto pubblico.
Nove operai, fra i quali una donna incinta, rimasero uccisi quel 28 luglio 1943: Antonio Artioli, Vincenzo Bellocchi, Eugenio Fava, Nello Ferretti, Armando Grisendi, Gino Menozzi, Osvaldo Notari, Domenica Secchi e Angelo Tanzi. La loro unica colpa, l'aver dato vita, sfidando le disposizioni estremamente ferree del momento firmate da Badoglio – che proibivano assembramenti oltre le tre persone – a una manifestazione per chiedere la fine della guerra. «Non erano certo soggetti pericolosi, quei nove operai - ha continuato Luca Vecchi - ma semplici e laboriosi cittadini reggiani in festa che chiedevano pace e democrazia». Un lungo corteo, ieri sera, ha dunque attraversato il piazzale antistante al Tecnopolo per poi deporre una corona d'alloro alla memoria sotto la targa che ricorda quei tragici momenti. «Caduti in un momento di gioia» ha poi sottolineato don Incerti, il sacerdote 95enne ex cappellano delle Officine Reggiane. Già tre giorni erano passati, quel 28 luglio 1943, dal folgorante annuncio della caduta di Mussolini e della sua sostituzione con il Maresciallo Pietro Badoglio.
Ben poche persone, a Reggio come nel resto dell’Italia, avevano prestato la giusta attenzione al messaggio che il vecchio maresciallo, veterano di tutte le campagne italiane dalla Libia alla Grecia, aveva lanciato all’indomani del suo insediamento come Capo del Governo: «…la guerra continua a fianco dell’alleato tedesco… gelosa custode delle sue tradizioni millenarie…». Quella mattina migliaia di operai delle Officine Meccaniche Reggiane, si presentarono regolarmente al lavoro nei vari reparti della fabbrica, ma quella non sarebbe stata un giornata regolata dalla routine come tutte le altre che l’avevano preceduta. Operai, tecnici, ed impiegati avevano una precisa idea in mente: quella di lasciare lo stabilimento e sfilare per le vie cittadine chiedendo la fine della guerra... quello che accadde dopo è ormai storia.
Andrea Montanari