«O pago i dipendenti o le tasse»
«Tirato in ballo anche il risarcimento per mio fratello morto»
BIBBIANO. Un «ricatto» che colpisce anche il fratello morto. «E a fine mese o paghi le tasse o i dipendenti, tutte e due le cose non riesci». Sono giorni tesissimi per Lorenzo Sinisi, imprenditore edile del Ghiardo di Bibbiano, dove vive con la sua famiglia. E dove cerca di fronteggiare la pressione che gli arriva dalle banche e dai debiti.
«Il mercato edile è fermo. E’ un disastro. Io ho sette appartamenti fermi da vendere, i soldi per pagare i debiti li avrei lì – spiega parlando dei guai con alcuni istituti di credito con cui ha un mutuo e delle fideiussioni – siamo sotto una morsa, non riusciamo a far nulla, ed è voluto». Si arriva anche a una proposta indecente, indecente davvero. «Mio fratello Donato è morto nel 2009 durante un intervento chirurgico per innestargli un bypass gastrico. Lui aveva le firme dei conti delle aziende che avevamo insieme io, lui e mio padre. Questo ci ha creato problemi all’epoca, ma il peggio è arrivato dopo». Sinisi racconta: «un funzionario della banca mi ha detto che mi avrebbe sbloccato tutto a una condizione: avrei dovuto girare a loro il diritto sui soldi che si sarebbero potuti ottenere con il risarcimento danni per la morte di mio fratello. Mio fratello morto, con una moglie e due figli piccoli. Ma è possibile?». Un’accusa pesante, se confermata. E che sarebbe stata suggerita a Lorenzo per bloccare la pressione debitoria generata negli anni, con complicatissimi giri finanziari. «La mia società era una Snc, ma ho dovuto aprire una fideiussione legata a una Srl, su cui poi fornire delle garanzie personali, fra cui le due case di famiglia. Ed Equitalia, alla fine, mi ha pignorato i conti. Ormai vivo con il terrore del postino – aggiunge l’uomo – le banche non si fermano davanti a nulla: chiamano 50 volte al giorno a casa, mettono pressione, non danno la possibilità di respirare né di trovare una soluzione che permetta di andare avanti e allo stesso tempo di saldare il debito. Così non si riesce a vivere». E non è una metafora: «Fra stress e tensione ci si deconcentra: mio padre ha rischiato di fare degli incidenti in macchina, è sempre teso e preoccupato. E non riusciamo a far fronte a tutto. Abbiamo dei dipendenti che lavorano, se a fine mese pago loro io non riesco a pagare le tasse, e il debito aumenta. Non è giusto, non ha senso». Anche qui, l’origine dei guai è nella durissima congiuntura economica che ha avuto un impatto violento sul settore edile, finendo per scoprire debolezze e malformazioni dell’impianto creditizio italiano. «Il mercato va a rotoli, io i soldi per le banche ce li ho, in sette appartamenti già pronti. Solo che non si riesce a venderli. Ed è già tanto che sia riuscito a finirli. Nei primi anni della crisi le banche avevano chiuso i rubinetti. Poi, per convenienza, li hanno riaperti parzialmente per permettere di finire i cantieri. Ma adesso non si muove nulla». (adr.ar.)
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