«Harry Potter? Chi lo ha letto non è razzista»
Lo dice un pool di docenti coordinati dall’Ateneo di Modena e Reggio. Il lavoro scelto per un’importante rivista Usa
REGGIO EMILIA. Leggere Harry Potter preserva dal razzismo. A dirlo lo studio di un gruppo di ricercatori coordinati da docenti dell’università di Modena e Reggio. Uno studio che poi è stato scelto e pubblicato sul Journal of Applied Social Psychology. La ricerca, che mostra come la lettura dei popolari libri di Harry Potter possa contribuire a ridurre i pregiudizi in bambini e ragazzi, ha riscontrato anche l’interesse del New York Magazine Science.
La ricerca è stata condotta da Dino Giovannini e Loris Vezzali del Dipartimento di educazione e scienze umane dell’Unimore, Sofia Stathi dell’università di Greenwich (Uk), Dora Capozza dell’università di Padova e Elena Trifiletti dell’univesità di Verona. Il gruppo di ricerca si è avventurato in un singolare lavoro di indagine tra bambini e adolescenti, tendente a accertare se la lettura dei popolari libri di Harry Potter possa migliorare l’atteggiamento nei confronti di immigrati, omosessuali e rifugiati, categorie sociali verso le quali si appuntano da sempre notevoli pregiudizi. E la risposta è stata affermativa, ma solo nel caso in cui la lettura porta ad indentificarsi nel famoso maghetto.
In particolare lo studio ha considerato bambini di scuola elementare, studenti delle superiore e universitari. Con i bambini delle elementari l’intervento è stato sperimentale e ha mostrato come quelli a cui sono lette storie di Harry Potter legate al tema del pregiudizio rivelavano atteggiamenti più positivi nei confronti degli immigrati. Per gli studenti delle superiori a un maggior numero di libri letti corrispondeva un atteggiamento più positivo nei confronti degli omosessuali. Lo studio condotto sugli universitari, realizzato nel Regno Unito, ha confermato i risultati, mostrando inoltre come la riduzione del pregiudizio (in questo caso nei confronti dei rifugiati) dipendesse da un aumento dell’empatia con il personaggio protagonista. Gli effetti infatti erano presenti solamente tra quelli che si identificavano meno con il personaggio negativo (Voldemort).
La ricerca, ha riscontrato un’immediata e vasta eco internazionale, rimbalzata anche sul New York Magazine Science, in quanto le numerose interviste realizzate con bambini di scuole elementari, ragazzi di scuole superiori e studenti universitari, sia in Italia che nel Regno Unito, confermano la tesi che la lettura di Harry Potter porterebbe ad atteggiamenti più positivi verso categorie sociali discriminate, quali appunto immigrati, omosessuali o rifugiati
Promotore dell’iniziativa è stato il RimiLab – Centro di ricerca e interventi su relazioni interetniche, multiculturalità e immigrazione dell’Unimore, diretto da Dino Giovannini. «Queste ricerche – dichiara il professore – oltre a fornire un contributo teorico rilevante alla ricerca internazionale, permettono di identificare strategie di intervento nelle scuole di facile applicazione, non costose e piacevoli dal punto di vista dei bambini e ragazzi. Si tratta di interventi che possono essere inseriti nei normali curricula scolastici e che permettono di avvicinare gli studenti a valori sociali imprescindibili per la nostra società».
«La lettura di queste storie – spiega Loris Vezzali, capofila del gruppo di ricerca – dovrebbe ridurre il pregiudizio perché il protagonista, Harry Potter, ha rapporti positivi con personaggi appartenenti a categorie sociali stigmatizzate: sebbene questi personaggi siano fantastici, essi sono umanizzati dall’autrice, in modo che le persone possano associarli a categorie reali, quali appunto immigrati, rifugiati, omosessuali».
Gli autori della ricerca sottolineano inoltre che questi risultati hanno rilevanti implicazioni pratiche per i contesti educativi: incoraggiare la lettura di questi libri, avrà non solo l’effetto di agire sulle competenze di lettura, motivando i ragazzi a leggere, ma anche quello di migliorare gli atteggiamenti e i comportamenti sociali, contribuendo alla integrazione e al miglioramento delle relazioni sociali.