«Il metodo Stamina nega 50 anni di studi sui trapianti»
REGGIO EMILIA. Le infusioni con il metodo Stamina prevedono «trapianti eterologhi multipli», che «possono costituire un problema di salute pubblica» e mostrano «livelli elevati di cellule dell'immunit...
REGGIO EMILIA. Le infusioni con il metodo Stamina prevedono «trapianti eterologhi multipli», che «possono costituire un problema di salute pubblica» e mostrano «livelli elevati di cellule dell'immunità, cioè in grado di generare risposte immunologiche rischiose». Lo ha dichiarato ieri, nel corso di un'audizione in commissione Igiene e Sanità del Senato, Massimo Dominici, uno dei più autorevoli esperti di biologia delle cellule staminali in Italia e autore della relazione ministeriale sul metodo Stamina. «Ci siamo trovati davanti cellule fortemente immunologiche, quindi se utilizzate con uso allogenico, potenzialmente dannose», ha spiegato Dominici, professore aggregato all'Università di Modena e Reggio. Questo significa che «possono comportare rischi che vanno dalla reazione anafilattica a un'aggressione immunologica del ricevente, cioè i linfociti infusi possono aggredire l'ospitante». Ad aumentare il pericolo, il fatto che, all'uso autologo, è affiancato anche quello allogenico, ovvero da donatore a pazienti ma soprattutto, «ancor più preoccupante, da paziente a paziente, violando uno dei dogmi della medicina rigenerativa che prevede sia un donatore sano a donare. Se passa questo principio si negano 50 anni di studi dei trapianti, con un impatto importante sulla salute pubblica».